sabato 6 febbraio 2010

La Preta gelosa

Era un po' che trascuravamo la Spluga della Preta... Altre grotte più calde e giovani, dai Piani Eterni al Messico ci avevano allontanato da questa regina degli abissi che però non perde mai il suo fascino irresistibile.
Purtroppo, o per fortuna, capita ogni tot anni che qualcuno sia così svitato da pensare che laggiù ci siano ancora dei misteri da svelare. Quest'anno è stata la volta di Mauro e Jonny, che da un po' di tempo cercavano di convincermi a tornare laggiù, utilizzando mezzi coercitivi come litri di alcolici e serate di delirio in qualche pessimo pub padovano. Alla fine ci sono riusciti, complice anche la mia voglia di mettere un po' alla prova il mio fisico prima della partenza per il venezuela, prostrato dalle lunghe e molli giornate cittadine di questi ultimi tempi.
Così venerdì scorso, dopo aver rischiato di distruggere la mia macchina appena riparata nel tentativo di salire per la strada della liana, ci siamo incamminati lungo il sentiero fino all'ingresso dell'Abisso.
È stata una punta molto bella, il mio mal di schiena annullato dalla terapia d'urto (funziona ancora!), il campo a -630 pieno di leccornie abbandonate dagli amici polacchi a giugno (grazie Jaga, i dessert Travellunch erano ottimi!), le gallerie del Vecchio Trippa spettacolari più di sempre e una coppia di pazzi scatenati a cui mostrare i punti interrogativi che sono rimasti nella mia mente dopo tanti anni di letture e discese in Preta.
Il sabato mattina, dopo una deliziosa dormita che mi sembrava di essere in un albergo di lusso (faceva così caldo rispetto ai PE che era quasi fastidioso), ci siamo incamminati verso i -800 della Sala Tarsis ad affrontare un vecchio contenzioso che era rimasto aperto nel giugno del 2008, quando con Felpe avevamo trovato la Via dei Salmoni.
C'era questa risalita, proprio nel grande salone, che mi aveva illuso sbucasse su una bella galleria. Dopo una bella carica di adrenalina e stretching per una ventina di metri di artificiale nettamente strapiombante (almeno tre-quattro metri di tetto) e roccia marcia, finalmente arrivo su e trovo solo un meandrino così poco appetitoso che non ci entro neanche (comunque va, bisognerà tornarci) pensando di lasciare continuare ai due manigoldi che mi aspettano lì sotto.
Ma prima di tornare su, decidiamo di fare un ulteriori giro del grande salone per vedere se ci è sfuggito qualcosa. E infatti quello che ricordavo un camino abbastanza inutile sul lato nord, alla più attenta osservazione con luce più forte rivela un bell'ambiente sopra, anche qui un'apparente galleria. C'è anche un bel pipistrellino che dorme beato. Ci facciamo prendere dall'entusiasmo, spostiamo baracca e burattini, e lanciamo mauro a divertirsi un po' verso l'alto. Ma è qui che la Preta ci dà i primi segni di irritazione... "Che è? non vi fate vedere da un casino di tempo e adesso pretendete di trovare così la via giusta? Tornatevene sui Piani Eterni, visto che vi piacciono così tanto", la sento sussurrare mentre Mauro scava inutilmente in un pastone di cataclasite per piantare disperatamente un fix. Dopo due ore di tentativi, a non più di tre metri d'altezza, una conoide di sassi si è formata sotto la corda e il nostro prode impreca contro la sua incapacità di alzarsi di più. Quando mi chiede cosa ne penso di una roccia che suona evidentemente vuota (non terrebbe un coniglio) gli rispondo beatamente da disteso dicendogli che in questi casi bisogna essere un po' fatalisti, sperando che non mi prenda troppo sul serio.
È tardi e per questa volta rinunciamo anche se il posto sembra veramente molto interessante ed evidentemente la risalita (non più di 15-20 metri) è stata tralasciata negli anni passati proprio perché sembra di arrampicare su un castello di sabbia.
Sabato sera al campo altro cenone da paura, dormita di 4-5 ore e poi si parte verso l'uscita. Risaliamo "fluidi" senza fretta, sereni e rilassati, senza mai prendere freddo e neppure sudando. Sembra che stiamo tornado da un'ordinaria passeggiatina
sul lungadige.
Sono proprio cambiate le cose rispetto a dieci anni fa, allora tutta quella montagna da risalire mi sembrava infinita, mi schiacciava, mi dimenavo per i meandri come fossi su un campo di battaglia. Così invece , grazie anche al campo, è veramente tutta un'altra cosa. Bello davvero.
Ma tutta questa spensieratezza finisce quando arrivo sopra il saltino della marmitta. Sono le 10 del mattina e non vedo l'ora di essere davanti a un piatto di pasta fumante, quando sento un boato abbastanza impressionante. La Preta si sta un po' incazzando: "venite così e siete anche spensierati? adesso ve la faccio passare io la spensieratezza!"
Immagino subito quello che sta accadendo e arrivato alla luce del 131 un'altra bella scarica di neve e ghiaccio mi da uno splendido benvenuto. Ogni 5 minuti circa arriva giù una slavina di neve pesante e ghiaccio che fa davvero paura. È evidente che risalire è un gioco d'azzardo. Arrivano anche gli altri, ma ancora una volta reagiamo con assoluta tranquillità: tiriamo fuori i sacchi a pelo, il poco cibo che ci rimane e ci distendiamo alla pase del pozzo a goderci in diretta lo spettacolo delle slavine.
intanto, fuori, Andrea è all'ingresso: riusciamo a fargli capire che aspettiamo. Dopo circa tre ore evidentemente il vento che fuori continuava ad alimentare gli accumuli si placa e le scariche si fanno più rade, ma ogni tanto impressionanti, con anche blocchi di roccia. Quando contiamo 30 minuti tra una scarica importante e l'altra decidiamo di partire per una risalita velocissima che ci porterà in una dolina freddissima (almeno -15, non ho mai visto in Preta condizioni simili) con corde candelotto di ghiaccio e amenità simili. Ma dopo 45 ore dal nostro ingresso di venerdì, finalmente siamo fuori e Andrea e Claudia, vera manna dal cielo, ci aiutano a disarmare finché noi ci lanciamo nella caserma della finanza a cambiarci. È una giornata freddissima ma fantastica!
Gli sarà passata l'incazzatura alla Preta? avrà capito che lei non è paragonabile a nessun altra grotta?
Mauro, Jonny... mi sa che dovete coccolarla ancora un po'! La conosco bene, alla fine l'Abisso non delude mai chi crede veramente nella sua bellezza.

All'uscita. (foto Claudia Iacopozzi)




Alla base del Pozzo della Speranza nei rami del Vecchio Trippa (foto Ezio Anzanello).

1 commento:

  1. Càspita se era incazzata la vecchia signora(Pardon!La Giovane signora...non vorrei che ci sentisse...)!E pensare che una decina di ore prima, con noi che risalivamo, era stata alquanto benevola e "materna"!Ahi ahi, ragazzi!Di tanto in tanto il Suo respiro si fa più vivo che mai!!Andreagsm

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