mercoledì 6 aprile 2016

Tepui, il sogno continua

Siamo tornati… ma i nostri sogni sono di nuovo lassù, tra le nuvole delle montagne azzurre, i tepui, gli sconfinati altopiani della Guyana.
Da poco più di una settimana si è conclusa anche questa nuova tappa del Progetto Tepui, probabilmente la più complessa e costosa missione realizzata da La Venta in queste terre estreme. Due spedizioni, la prima al mitico tepui Sarisariñama, dove esattamente quarant’anni fa era cominciata l’epopea delle esplorazioni nelle quarziti, e la seconda all’Auyan, dove la meraviglia di Imawarì Yeuta continua ad ammagliarci chiedendoci di tornare.
È davvero difficile fare un riassunto di questi quaranta giorni, troppe cose sono successe, emozioni e difficoltà si sono incrociate in un turbinio che ci ha portato a raggiungere tutti gli obbiettivi e a tornare alla realtà felici di come sono andate le cose, grazie alla determinazione dei partecipanti e a una buona dose di fortuna. E abbiamo portato a casa troppe storie per essere freddamente raccontate nello schermo di questo blog. Mi limito quindi a descrivere i risultati speleologici e a lasciare alle significative immagini che seguono parlare da sole della meraviglia di questi luoghi.

Sarisariñama
Si è trattato di una spedizione molto impegnativa e complessa, a causa delle condizioni ambientali di questo tepui, quasi completamente coperto da foresta. Il campo base è stato allestito al villaggio di Kanarakuni, comunità indigena di etnia Ye’kuanas, luogo mitico, teatro delle epopee esplorative del geologo italiano Alfonso Vinci negli anni ’50. . Come sempre nella nostra filosofia di spedizione, abbiamo ritenuto fondamentale coinvolgere da subito gli indigeni, con il capitano Romulo e altri membri della comunità che hanno partecipato direttamente insieme a noi alla ricerca degli ingressi sull’altopiano. Abbiamo avuto quindi la fortuna di condividere con loro moltissimi momenti piacevoli da cui è scaturita una grande amicizia tra La Venta, Theraphosa e la comunità.
Le attività di ricerca si sono concentrate su tre fronti: esplorazione di una serie di nuove sime individuate nelle immagini satellitari nel settore di sud-est del massiccio, documentazione e campionamento nelle grotte più importanti esplorate dalla spedizione venezuelano-polacca del 1976 (Sima Menor e Sima della Lluvia), e la documentazione per GEO con il fotografo Robbie Shone e il giornalista Lars Abromeit. Sono stati impostati due campi principali, uno nella zona delle sime conosciute a nord, e uno più a sud con maggiori incognite. Nel corso di 12 giorni sulla montagna siamo riusciti a esplorare 4 nuove sime, delle quali due chiudono quasi subito su crolli, mentre altre due hanno dato risultati interessanti con la Sima del Pajaro del Diablo (in lingua indigena Yadanaima Ewutu) che si spinge fino a -240, quasi un km di sviluppo, con un enorme salone fino a una zona dove l’acqua di falda risale per molti metri, e la Sima Profunda (in lingua indigena Tuna Enitojudu che significa “dove andò l’acqua del cielo”) che è stata discesa fino a circa -200 con grandi pozzoni e saloni e l’esplorazione interrotta per mancanza di corde. Ma non solo esplorazioni, sono state realizzate anche interessantissime osservazioni mineralogiche e numerose analisi delle acque, fornendo tanti nuovi spunti da sviluppare sulla genesi di questi giganteschi crolli. Abbiamo anche realizzato la prima documentazione seria delle gallerie della Sima Menor e rivisitato dal punto di vista scientifico e fotografico gli 1,5 km di gallerie della Sima dela Lluvia. Unico rimpianto è stato non essere riusciti a trovare un accesso al grande fiume sotterraneo che scompare inghiottito nella zona sud. Le sime allineate lungo la direttrice tra l’inghiottitoio e la risorgenza si sono rivelate in generale molto ostrutite da crolli e il livello del fiume si trova a profondità notevoli, probabilmente oltre i -250 metri dalla superfice.  Le scoperte sono comunque state notevoli e con una sola spedizione abbiamo ben raddoppiato le conoscenze sulle grotte della montagna dei precedenti quarant'anni.
Per raggiungere questi risultati abbiamo dovuto affrontare molte difficoltà logistiche e di coordinamento, con manovre al limite per l’elicottero che ha sempre lavorato in overing e senza porte per movimentare persone e materiali. Operazioni complesse con calate laterali, gestite egregiamente dal pilota José Galindes, dal nostro Freddy Vergara e da José Garcia (responsabile della protezione civile dello stato Bolivar), viaggiando sempre senza porte, e con baricentrici di oltre 60 metri per trasportare il materiale. Idem, la difficoltà di attraversamento della foresta per raggiungere gli ingressi è stata notevole, con ponti sospesi di tronchi, foresta fitta, mancanza di acqua e temperature molto elevate.
Alla fine della spedizione sono state inoltre raccolte testimonianze e leggende da un anziano Ye’kuanas che ha fornito una visione chiara della geografia del tepui, fornendo anche onomi alle sime inesplorate, come se gli indigeni le conoscessero da tempi remoti. Anche il ricordo di Alfonso Vinci è ancora presente, dopo mezzo secolo dal suo primo arrivo nella zona.
È stato difficile lasciare questo luogo così magico e ancora pieno di misteri, con la certezza che le grotte esplorate sono solo un minuscolo tassello di quello che potrebbe racchiudere questa mitica montagna.

Auyan 
Alla fine del Sarisariñama il 9 marzo alcuni di noi sono tornati a Sant’Elena per tornare in italia o risistemare la logistica mentre altri sono volati direttamente al villaggio Kavak per tornare sull’Auyan Tepui.
Siamo tornati a Imawarì Yeuta non solo perché ancora molto c’è da scoprire in questa zona del massiccio, ma soprattutto per continuare il lavoro di documentazione e studio di una delle grotte più belle al mondo. C’eravamo stati l’anno scorso a giugno per la realizzazione del documentario di BBC2 che è andato on air proprio durante i giorni di quest’ultima spedizione.
Gli obbiettivi di questa nuova spedizione all’Auyan erano i seguenti: documentazione delle zone più importanti della grotta di Imawarì Yeuta con laser scanner, attività di ricerca (anche con un altro premio Rolex, Hosam Zowawi), completamento della documentazione fotografica, e ricerca di nuove grotte nella zona sud del Gran Derrumbe.
Ciliegina sulla torta negli ultimi due giorni abbiamo scoperto anche una nuova grotta, rilevata per un chilometro al limite sud-est del Gran Derrumbe. Un altro bel tassello del sistema, esplorato sommariamente e con ambienti e speleotemi notevolissimi.
Questa scoperta ci ha confermato che l’Auyan cela ancora moltissimi segreti, mondi alieni ognuno con sue caratteristiche proprio che non finiscono mai di stupirci. L’emozione di affacciarsi su un nuovo baratro inesplorato, di sentire il vento che fa muovere le palme di fronte a un enorme portale. E poi la voglia di osservare, studiare, comprendere.

Ma non è finita qui. Credo che queste due spedizioni ci abbiano insegnato molto su come poter andare più lontano. Il Sarisarinama è stato il primo passo per affrontare la logistica complessa dei tepui amazzonici, per capirne le caratteristiche geologiche e ambientali.
Ora siamo a casa, ma ricordando l’esperienza vissuta stiamo già sognando al futuro. E i tepui rimangono isole del tempo, frammenti del paradiso perduto della Terra che ci attraggono col loro canto di sirena. Per quanto sapremo resistergli?


Queste spedizioni non sarebbero state possibili senza l’appoggio dei nostri compagni di avventura di Theraphosa e in particolare di Freddy Vergara. Siamo tutti sani e salvi grazie alla sicurezza e professionalità del mitico Raul Arias, dei suoi piloti, di Karina Ratzevicius e del capitano dell’elicottero José Galindes che ha accompagnato per oltre un mese oltre le soglie del tempo.
Il progetto è appoggiato dalla Gobernación dello Stato Bolivar, un ringraziamento speciale va al Dott. José Garcia, che ci ha prestato un preziosissimo appoggio medico e tecnico per entrambe le spedizioni.
Un gigantesco grazie va alle comunità indigene di Kanarakuni e Kavak, perché ciò che abbiamo condiviso rimane radicato nella vostra terra, nella foresta, nelle acque, nella roccia, e sopravvivrà a noi stessi.
Tutto questo non sarebbe stato possibile senza il sostegno economico, ma soprattutto umano, del Rolex Award e del suo meraviglioso team.
Ma un grazie particolare va anche a Tiziano Conte che ci ha sempre sostenuto e con cui abbiamo condiviso questa avventura.
Hanno sponsorizzato e patrocinato: Dolomite, Geotec, Intermatica, Ferrino, Amphibious, De Walt, Allemano Metrology, Chelab, Scurion, GTLine, New Foods, MountainHouse, Bee1, Raumer, Tentsile, Fedra srl di Tiziano Conte, Konus, Erboristeria Sauro

Hanno partecipato:
Sarisariñama: Lars Abromeit, Daniela Barbieri, Tullio Bernabei, Leonardo Colavita, Carla Corongiu, Vittorio Crobu, Antonio De Vivo, José Garcia, David Izquierdo, Marco Mecchia, Alessio Romeo, Francesco Sauro, Robbie Shone, Lenin Vargas, Freddy Vergara, Jesus Vergara.
Auyan: Daniela Barbieri, Tullio Bernabei, Tiziano Conte, Carla Corongiu, Vittorio Crobu, Umberto Del Vecchio, Ada De Matteo, José Garcia, David Izquierdo, Benjamin Laniadony, Patrizio Rubcich, Tommaso Santagata, Francesco Maria Sauro, Francesco Sauro, Robbie Shone, Lenin Vargas, Freddy Vergara, Jesus Vergara, Hosam Mamoon Zowawi.

L'enorme Sala del Demonio Rojo, in una delle nuove sime esplorate sul Sarisarinama Tepui (foto V. Crobu). 

Scendendo al campo della Sima Redonda (foto V. Crobu).

Gallerie nella nuova grotta dell'Auyan Tepui, denominata Cueva de la Golondrina (foto V. Crobu). 

Lo spettacolare soffitto della Cueva de la Golondrina (foto V. Crobu).