lunedì 24 agosto 2009

Certi sogni...


Certi sogni sono difficili da realizzare. Può essere necessario uno sforzo immenso, tante fatiche, delusioni, scontri con una realtà che non vuole diventare ciò che vorresti. E poi, nel momento in cui ti arrendi, proprio quando decidi che è finita, il sogno si realizza lasciandoti incredulo, estasiato dall’imprevedibilità di questa vita…
È proprio questo che è successo in tutta questa storia della congiunzione tra Isabella e il PE10.
Non è passato tanto tempo in fondo da quando per la prima volta avevo sentito parlare di lei, Isabella. Ricordo che ero sulle creste di Cimia, insieme con una persona speciale, e guardavo giù le pareti scoscese che precipitano nella Valle del Mis e mi chiedevo che cosa sarebbe stato se un giorno avessimo trovato l’uscita, l’ingresso basso che allora tanto stavamo cercando in quell’altra signora veneta che è la Spluga della Preta. Qui, sui Piani Eterni, un’ipotesi del genere, sembrava assurda, lontana dalla realtà quanto dai sogni. Ma accadono cose che possono sconvolgere le nostre convinzioni per sempre: erano i primi giorni di gennaio del 2007 e, dal PE10, mi trovavo a vagare insieme ad altri amici per lunghe gallerie orizzontali come non se ne sono mai viste in queste montagne, il piano paleofreatico di –550. Fu un’esplorazione sconvolgente. Qualcosa non tornava nel nostro concetto della grotta… una vocina ci sussurrava che non avevamo ancora visto niente, che tutto ciò che era stato esplorato non era altro che un insignificante pezzetto di quel ragno gigantesco che si estendeva al di sotto dei nostri piedi. E quel ragno dirigeva le sue zampe verso un luogo di bellezza superba, seppur ancora snobbato e insignificante ai nostri occhi: Isabella.

Agosto 2007. Da Pian di Cimia, saliamo attraverso un boschetto di faggi fino a un piccolo passo, il “crucol” come poi lo chiamerà il Cicca. Da quel punto la vista è magnifica, la torre della Gusela troneggia sopra la Val del Burt circondata da pareti che danno una profonda sensazione di luogo selvaggio, come se fossimo in qualche luogo sperduto del mondo. Il viaggio per arrivare fin qui è lungo, 5 ore di cammino con gli zaini pesanti, ma gli amici di Feltre dicono che hanno superato la frana terminale di quella grotta e quindi non possiamo più fare finta che qui sotto non stia succedendo niente.
La galleria iniziale di Isabella è qualcosa di difficilmente descrivibile. Non so… ma credo che gli ingressi ai grandi mondi sotterranei, soprattutto gli ingressi bassi, si assomiglino un po’ tutti, non tanto per morfologia, quanto per magia… Si sente qualcosa… Si sente che quella è la porta a un mondo enorme, percorso solo dal vento, che finalmente lì se ne esce dal su lunghissimo viaggio sotterraneo. Un fruscio potente, alla prima strettoia, un rumore che non lascia dubbi: questo è il respiro del mostro.
Già in quell’occasione la grotta ci aveva lasciato correre per chilometri di gallerie, in esplorazioni indimenticabili che non basterebbe ormai una notte intera per raccontarle. Era chiaro, Isabella e PE10 erano solo due accesi allo stesso labirinto sotterrano. Avremmo trovato la chiave, il passaggio che ci avrebbe permesso di attraversarlo quel mondo, da parte a parte? Ne ero convinto, allora lo davo per scontato. Era solo questione di tempo… due anni dicevo, forse anche meno.
Ora devo confessare che ci sono stati momenti in cui ho dubitato, fino a non crederci proprio più. Davvero...

Sabato 22 agosto 2009. Da quella prima volta in Isabella ne è passato di tempo, soprattutto in termini di ore in grotta, di punte in PE10, di notti alla Locanda del Bucaniere, di giorni passati a sognare e a discutere, di sogni e incubi notturni… E ne sono passate tante anche di persone, amici venuti a godere con noi di queste esplorazioni, speleo che hanno dato tanto per realizzare questo sogno.
Ora siamo in quattro, Io, Marco, Omar, e Mauro. Ma potremmo essere anche Ciccio, Cristiano, Paolo, Luca, Andrea, e tanti altri nomi, e il destino non cambierebbe. Vogliamo questa giunzione a tutti i costi, siamo determinati e convinti che questa sarà la volta definitiva.
Dopo le esplorazioni degli anni scorsi, Isabella è diventata una grotta fonda ben 300 metri. La via che porta al punto più profondo è uno scomodo meandro attivo, un “ringiovanimento”, uno stupido scolo, scavato dall’acqua, che buca i livelli di gallerie freatiche e porta sempre più giù nella montagna. L’idea è quella che prima o poi quell’insignificante torrentello deve aver incrociato le grandi e labirintiche gallerie sottostanti del PE10. La strategia è la stessa che venne usata nella storica giunzione del Kayam tra Fighierà e Corchia: fregarsene dello stretto, abbandonare le vie fossili, troppo franose e indecifrabili, e scendere, scendere, scendere, fino a giuntare.
Avevamo percorso quella via la prima volta con Fabio e Michele, poi con Jean Pierre e Andrea, poi con Marco B ed altri, infine io da solo con Armando giusto un anno fa. Era stata quella una punta dura, in due, continuando a guardare l’altimetro, convinti anche allora che ce l’avremmo fatta. Ormai c’eravamo, le gallerie dovevano essere lì. Ma non ce n’era traccia ed eravamo tornati indietro stanchi morti dopo aver continuato a seguire il meandro inseguendo l’aria verso il basso… forse troppo in basso…
Poi i fatti di poche settimane fa: dal PE10 si esplorano improvvisamente altri chilometri di gallerie, oltre l’Isola che non c’è. Guardando il rilievo, proprio in zona Isabella, si estende ora un reticolo impressionante. Non è possibile che le due grotte non si tocchino. In tanti pensiamo “È fatta”, ed è solo questione di giorni ormai.
Questione di ore, mentre scendiamo lungo i pozzi della Via dei Turpi, inseguendo il vento, e giungiamo alla zona esplorata con Armando l’anno scorso. Lungo il percorso è rimasto da esplorare un grande pozzo caratterizzato da un bell’eco, proprio come alcuni camini che una settimana fa avevamo visto con Leo nel PE10.
Armo e scendo in un bellissimo fusoide profondo una trentina di metri, denominato poi Pozzo dello Scheletro (su un terrazzino c’è uno scheletrino di martora, e che ci farà là a –300?). Già prima di toccare il fondo vedo l’imbocco di una bella forra e penso che ormai ci siamo. Arriva anche Marco e imbocchiamo il condotto. L’acqua si getta in un altro ringiovanimento, impraticabile, mentre avanzando nella forra ad un certo punto vedo delle impronte. Dopo il primo momento di eccitazione, ragiono. Mi guardo intorno, questo posto lo riconosco, è la forra che abbiamo raggiunto io e Armando l’anno scorso scendendo due pozzetti fossili. Calma… siamo ancora in Isabella. Anzi delusione, il nuovo pozzo porta nello stesso posto visto l’anno scorso. Penso… Non mi sembra di ricordare altri bivi o finestre, le possibilità esplorative ormai sono pochissime. Avanziamo allora nella forra, seguendo l’aria, fino a un passaggio allagato, limite estremo della scorsa esplorazione… Non so che fare, sono indeciso. So che se mi butto dentro quell’acqua sarà la mia ultima possibilità e poi dovrò uscire per non congelarmi. Ma se il PE10 fosse proprio al di là? Penso alla strada dietro di me e non ricordo altre vie possibili… l’aria va di qui. Devo andare.
Mi butto nell’acqua fredda, e avanzo per cinque, dieci, venti metri, nell’acqua. Porca troia, la volta non si vuole alzare. Sento il freddo entrare dappertutto, ma non ho paura, sono determinato ad andare avanti. Finalmente sbuco in una gallerietta un po’ più grande, non saluto neppure gli altri dall’altra parte e comincio a correre avanti. Dopo cento metri, ancora nessuna traccia di giunzione. Maledetta, neanche questo ti basta… C’è una strettoia fetente. Provo a passarla… non riesco, dovrei togliere l’imbrago. Sono solo, non mi sembra il caso di rischiare di rimanere incastrato… Poi affacciandomi sento il vento soffiare… No, non posso fermarmi. Tolgo l’imbrago e spingo fino a passare. Ancora condotte, l’acqua sparisce in una fessura impraticabile. Avanzo lungo cunicoli fangosi, rotolando e scivolando nella palta che ormai mi ricopre totalmente. Che posto di merda… Bastarda!Bastarda! Sento sfumare il sogno. Sento che questo è troppo, che non ha senso. Che quello che rincorriamo è una stupida impresa senza senso che non vale tutto questo soffrire. Penso a quanto tempo ho dedicato a questo sogno, penso alle fatiche passate, agli sforzi, alle notti insonni. Penso a quante volte ho visto sfumarmi la giunzione tra le mani. Che altro vuoi bastarda? Che mi ammazzi per un desiderio? Non ti basta tutto questo? Ho un attimo di sconforto vero. Mi rendo conto che non ci sarà nessuna giunzione. È finita. Io non gioco più.
Rifaccio tutto il percorso a ritroso buttandomi in acqua fino a raggiungere gli altri. Gli dico che peggio di così non poteva andare. Sono abbattuti anche loro. Difficile credere che ci sia ancora qualche speranza…
Io sono fradicio, devo uscire, e Mauro mi accompagnerà. Mi sento ancora più triste quando Marco mi parla di disarmo… È proprio finita…
Guardo lui e Omar e dico: «Ok, però invece di risalire il Pozzo dello Scheletro, tornate per la via che abbiamo fatto io e Armando e guardate bene qualsiasi cunicoletto, buco, strettoia di merda che trovate. Ricordo che nella sala alla base della corda c’era qualcosa. Non ci credo più, ma potrebbe essere l’ultima possibilità».

Ore 02 di domenica 23 agosto. Sto sognando belle signorine, quando la voce di mauretto, mi sveglia. «Sono le due e gli altri non sono ancora usciti… sono un po’ preoccupato… Boia can!»
Di fronte il portale di Isabella e un cielo stellato. Un po’ infastidito per il sogno interrotto rispondo: « Strano, comunque non mi preoccuperei ancora, in fondo noi abbiamo corso e sono passate solo tre ore da quando siamo usciti…»
«E se avessero fatto la giunzione? Boia can!?»
«Non dire cazzate… è rimasta una probabilità su un milione, col culo che abbiamo avuto fino a adesso…» Mi stupisco del fatto che dicendolo rinasce una flebile speranza anche in me.
«Senti io entro in grotta e gli vado in contro, », mi dice Mauro.
«Ma… aspettiamo ancora una mezz’oretta, tanto è inutile preoccuparsi» Non faccio in tempo a dirlo che lo vedo sparire.
Sono di nuovo solo e ripenso a tutta questa storia. A quanto sarebbe bello che ci fosse il colpo di scena finale. Penso che è impossibile. In quell’istante sento delle voci da dentro la grotta. Parlano forte, come se fossero eccitati.
In un attimo Marco è di fronte a me…
«È fatta, abbiamo fatto la giunzione!»
«Dai non prendermi per il culo, non ci credo!»
«Cesco, non ci credo neanche io! Ma è fatta, siamo entrati in PE10, proprio dal cunicoletto alla base della corda. Circa venti metri strisciando e abbiamo cominciato a trovare impronte…»
Mi sembra assurdo. Quell’ultima possibilità… vedo la faccia di Omar, è tutto vero…
Ancora increduli cominciamo a urlare, a darci pacche sulle spalle.
Sento Isabella che ride… sempre più forte… e noi con lei. Mentre l’eco della nostra gioia si ripercuote per le pareti della Val Falcina.

A volte sembra proprio che i sogni siano irrealizzabili, a volte non si riesce più a crederci, ma quando meno te lo aspetti si materializzano davanti ai tuoi occhi. E allora sei talmente incredulo che non sai che fare, non sai che dire, solo ti ritrovi con qualche lacrima che ti segna il viso e una bella fiaba da raccontare.

Francesco


Mauro, Omar e Marco dopo la giunzione


L'ingresso di Grotta Isabella.


A passo Cimia

mercoledì 12 agosto 2009

I bimbi sperduti

Che il complesso dei Piani Eterni fosse grande e affascinante lo si sapeva… ma che fosse anche così immenso da diventare una delle più lunghe grotte d’Italia pochi se l’erano immaginato.
Ora, guardando le poligonali che si incrociano 800 metri al di sotto della piana di Erera, si può veramente comprendere quanto ci sarà ancora da fare nei prossimi anni, quale infinità di pozzi e gallerie avremo da esplorare fino alle risorgenze. La grotta sembra ora un grande ragno che muove le sue zampe ognuna sotto a una diversa conca glaciocarsica aprendo possibilità esplorative un tempo inimmaginabili.

Vent’anni fa veniva scoperto il primo ingresso del sistema, il PE10. Dieci anni fa anch’io per la prima volta mi ritrovavo ad affacciarmi su quel pozzo nero per rimanerne stregato. Da allora tanti campi, tante esplorazioni, anche difficili, in posti che ora mi sembrano ridicoli rispetto a tutto quello che ci aspettava “oltre”. Poi la magia esplosiva delle esplorazioni dell’inverno del 2007. Scendendo il Pozzo Halloween avevo avuto la pessima idea di dire che da lì in poi mi sarebbe piaciuto passeggiare un po’ su gallerie invece che scendere pozzi… Azz se sono stato accontentato! 8 km in tre anni, in un piano freatico che sembra più un labirinto, un mondo a sé stante, scollegato da tutto quello che si conosceva prima.
Ed ora siamo qui. Di nuovo sulla soglia del buio, in quattro, io, Andrea compagno delle migliori avventure, Leo e Gianpaolo arrivati fin qui dalla Toscana per vedere anche loro coi propri occhi. Ciccio e Jonathan ci hanno riversato un entusiasmo impressionante dopo la loro punta di quasi una settimana in cui hanno rilevato la bellezza di 2200 metri! D’altra parte non c’era niente di più naturale, un ramo che si chiama “l’Isola che non c’è” doveva portare prima o poi oltre la soglia di un nuovo mondo irreale, sempre più immenso del conosciuto.
Dalla Locanda del Bucaniere attraversiamo Neverland, il bypass, fino a giungere all’impressionante porta 54, da lì giù in un universo obliquo di condotte ellittiche. Quattro ore per arrivare al limite esplorativo precedente sul Pozzo “Era Ora”.
Ma a noi non interessa la profondità, non interessano i record, volgiamo spaziare, vagare, nel cuore dei Piani Eterni, sognando di arrivare a solleticare le fondamenta della Casera Brendol, dove i nostri amici ci pensano nell’attesa del nostro ritorno alla luce. Così traversiamo tutti i pozzi che troviamo, entrando in una galleria che chiamiamo “dei Bimbi Sperduti”. Già, perché è così che ci sentiamo. Bambini che giocano agli esploratori, ad anni luce da tutto quello che ci ha abituato questo mondo, in un universo nostro, in un cielo di costellazioni fatte da gallerie, pozzi, torrenti, sale concrezionate. Qualcosa di indescrivibile, pure difficile, inospitale, ma sempre ipnotizzante fino a farti desiderare di non fermarti mai, di non tornare più indietro.
E invece le ore passano veloci ed arriva l’ora di tornare, siamo ormai a 850 metri di profondità, chissà dove sperduti al di sotto delle Piazzole, dentro gallerie che puntano dritte alla risorgenza del Cavron, ancora 400 metri più in basso e svariati chilometri oltre.
Ci riposiamo nei caldi sacchi a pelo della locanda e poi ripartiamo questa volta (l’ennesima volta…) alla ricerca della giunzione con Isabella. La settimana scorsa Ciccio e gli altri hanno individuato una forra attiva molto simile a quella dove mi ero fermato a –340 in Isabella l’anno scorso. Dobbiamo scoprire se è la stessa… con il sogno, non tanto velato, di trovare la corda che ci porterebbe a uscire dall’altra parte della montagna.
Risaliamo l’acqua in ambienti molto belli, effettivamente molto simili a quelli della Via dei Turpi, ma sento che la grotta non è ancora pronta a farci un regalo come la giunzione. Infatti dopo un saltino che arrampichiamo solo io e Leo ci troviamo infognati in strettoie e brutte zone di frana. Stiamo per abbandonare tutto, ma poi Leo si infila in un laminatoio improbabile e sparisce. Aspetto una mezz’ora e poi mi infilo anch’io. Lo trovo tutto trafelato che mi dice che la grotta va alla grande. Infatti ben presto ci troviamo a incrociare una bella galleria. Lui va a destra, io a sinistra, soli in esplorazione… Corro per circa 200 metri, attraversando con un salto un profonda forra attiva. A un certo punto la galleria si apre su un salone dove comincio a non credere più ai miei occhi: una fila di splendide colonne di concrezione, alte più di due metri, troneggia al di sopra di una colata cristallina. Sono euforico e mi viene naturale continuare a urlare “grazie, grazie, grotta bastarda, grazie!” mentre sento che lei mi dice “ pivelli, che pensate che io sia solo quello che conoscete? Io sono un mondo che neppure vi immaginate”. Tutto questo, mentre sto correndo per centinaia di metri lungo una forra che non vuole finire. Ma dopo un’oretta comincio a essere sfinito e mi volgo indietro fino al bivio dove incontro nuovamente Leo. Vedo che anche lui è strano, anche lui ha vagato da solo dall’altra parte senza trovarne una fine. Ormai il nostro tempo è scaduto, e qui è tutto troppo grande per noi, ora. Dobbiamo tornare indietro…
Penso che questa volta la grotta ci ha davvero sbeffeggiato, seppur in modo affettuoso, come un grande maestro che fa capire al suo allievo che la presunzione di sapere è il più grande ostacolo alla verità. Cosa c’è la sotto oltre la soglia dei nostri ricordi?
L’unica cosa che mi sento di dire ora è “non lo so”. Ora posso solo pensare agli altri quattro amici che adesso sono laggiù (Giulia, Tebe, Andrea e Sara) e aspettare che un altro pezzo del labirinto si sveli ai loro occhi. Un mondo che esiste solo grazie a questi bimbi sperduti che non vogliono smettere di sognare.


Il regno di Gorm

Condotte verso i -700

Verso le gallerie dei Bimbi Sperduti

Galleria delle Aragoniti

Tre bimbi a 15 ore dall'ingresso

lunedì 3 agosto 2009

Verso le esplorazioni alle porte di casa

Tornato dal Texas non ho avuto tempo di aggiornare il blog. Sono stato travolto dall'organizzazione della mostra La Venta a Bosco Chiesanuova, culminata nella proiezione di sabato del doc sulla grotta dei cristalli insieme con Tullio Bernabei. Ora tutto è a regime e la mostra rimarrà aperta fino a venerdì 14 se volete visitarla.
Nel frattempo io me ne scappo in Piani Eterni. Finché attraversavamo l'oceano pare che un gruppo di amici abbia superato al soglia di Neverland entrando in un mondo sconfinato di gallerie.
Ora andiamo a ficcarci il naso anche noi... spinti da una curiosità che freme nelle vene. Vedremo.
Porterò la macchina fotografica, spero di riuscire a raccogliere qualche istante di queste meravigliose esplorazioni così alle porte di casa, ma anche così distanti nell'immaginario, così fantasticamente irreali


Sulla cima delle Guadalupe Mountains, isole nel deserto


Gigantesca galleria inziale delle Carlsbad Caverns

Al bar a 210 metri di profondità dentro le Carlsbad