domenica 29 luglio 2012

Luci nel buio, dalle profondità della terra allo spazio

Non avrei mai immaginato di trovare così tante analogie tra la speleologia e la grande avventura umana dell'esplorazione astronautica. In questi mesi mi trovo impegnato in un nuovo grande progetto promosso dall'Agenzia Spaziale Europea: il corso CAVES 2012.
Quali sono le analogie tra le future missioni verso nuovi mondi e l'esplorazione del continente buio, l'ultima grande frontiera esplorativa del nostro pianeta? Questa è la domanda che frulla da ormai un anno nella mia testa, e piano piano, venendo a contatto con la realtà "spaziale", comincio a darmi delle risposte.

Pensate a un viaggio verso l'ignoto, luci nel buio, che siano stelle e galassie nell'universo o luci di speleologi nel cuore di una montagna. Paura e emozione, timore e curiosità, percorsi che si schiudono ai nostri occhi. Da un lato ingegneri, tecnologie, investimenti e molto coraggio, dall'altro grandi amicizie, lavori di squadra, passione e fiducia illimitata nei propri compagni di esplorazione. Sono due realtà che avrebbero moltissimo da imparare l'una dall'altra. E questo progetto ha proprio questo scopo.

Dopo tre settimane passate a Colonia, presso l'European Astronaut Center, al corso per istruttori dell'ESA, ho deciso di prendermi una settimana di distacco e tornare ad esplorare in una grotta "di casa", i Piani Eterni.
Ed eccomi qui ora, reduce da un viaggio di 5 giorni nel cuore delle Dolomiti, un esperienza vissuta con compagni eccezionali, con cui sarei tranquillo e sereno anche se dovessimo andare sulla Luna ;)
E in effetti questa esplorazione ci ha messo nuovamente di fronte al fattore "distanza", che rimane uno degli aspetti per me più affascinanti delle esplorazioni speleologiche degli ultimi anni.
Nei Piani Eterni è ormai necessaria una progressione di 6-7 ore per arrivare al campo base della "Locanda dei Bucanieri", vari chilometri di percorso e oltre 600 metri di dislivello. Da lì ci siamo diretti verso le regioni più remote del sistema, le gallerie di Samarcanda, scoperte da Mauro e dal sottoscritto ormai due anni fa oltre un infinito laminatoio lungo mezzo chilometro sferzato da una corrente d'aria potente e invitante.
Per esplorare questo settore ci siamo fatti una punta di 18 ore dal campo base, ormai a oltre 10 km di distanza dall'ingresso della grotta. La quantità di passaggi, strettoie, pozzi e gallerie che ci dividevano dalla superficie non ci stavano più nella mia testa, mentre sbucavamo sul grande torrente che attraversa queste regioni. I nostri sguardi si incrociavano mentre discutevamo di quanto eravamo ormai lontani e perduti dentro la montagna... e mi è sembrato di leggervi un po' di sana pazzia... come se l'elastico che ci tiene legati alla nostra realtà quotidiana si fosse improvvisamente rotto e fossimo liberi di muoverci in quello spazio di gallerie e ambiente sconosciuti.
Siamo stati davvero lontano, credo una delle esplorazioni più remote realizzate in una grotta in italia. Mentre arrampicavo una cascata pensavo cosa succederebbe se avvenisse un incidente così lontano, e mi convincevo che non si può sbagliare che non ci sarebbe davvero via di scampo... troppo lontani...

Così ora mi immagino forse con più coscienza cosa può significare per un uomo mettersi in viaggio verso un altro pianeta, dove non ci sono strettoie e pozzi a dividerlo dalla realtà, ma il vuoto dell'universo e distanze inimmaginabili, la consapevolezza di non poter fare errori, l'emozione di  muoversi verso nuovi mondi, ma anche l'incertezza se si riuscirà o no a tornare indietro.

Mentre questi pensieri mi assillavano mi è capitato sotto mano un video realizzato a bordo dell'Intenational Space Station, un capolavoro di aurore e stelle, e la terra che viaggia a migliaia di chilometri all'ora. Mi sono emozionato pensando che anche tanti speleologi in fondo intraprendono un viaggio simile quando si trovano in esplorazione, come luci nel buio, lontane e sperdute in un universo sconosciuto.



mercoledì 11 luglio 2012