Certi sogni sono difficili da realizzare. Può essere necessario uno sforzo immenso, tante fatiche, delusioni, scontri con una realtà che non vuole diventare ciò che vorresti. E poi, nel momento in cui ti arrendi, proprio quando decidi che è finita, il sogno si realizza lasciandoti incredulo, estasiato dall’imprevedibilità di questa vita…
È proprio questo che è successo in tutta questa storia della congiunzione tra Isabella e il PE10.
Non è passato tanto tempo in fondo da quando per la prima volta avevo sentito parlare di lei, Isabella. Ricordo che ero sulle creste di Cimia, insieme con una persona speciale, e guardavo giù le pareti scoscese che precipitano nella Valle del Mis e mi chiedevo che cosa sarebbe stato se un giorno avessimo trovato l’uscita, l’ingresso basso che allora tanto stavamo cercando in quell’altra signora veneta che è la Spluga della Preta. Qui, sui Piani Eterni, un’ipotesi del genere, sembrava assurda, lontana dalla realtà quanto dai sogni. Ma accadono cose che possono sconvolgere le nostre convinzioni per sempre: erano i primi giorni di gennaio del 2007 e, dal PE10, mi trovavo a vagare insieme ad altri amici per lunghe gallerie orizzontali come non se ne sono mai viste in queste montagne, il piano paleofreatico di –550. Fu un’esplorazione sconvolgente. Qualcosa non tornava nel nostro concetto della grotta… una vocina ci sussurrava che non avevamo ancora visto niente, che tutto ciò che era stato esplorato non era altro che un insignificante pezzetto di quel ragno gigantesco che si estendeva al di sotto dei nostri piedi. E quel ragno dirigeva le sue zampe verso un luogo di bellezza superba, seppur ancora snobbato e insignificante ai nostri occhi: Isabella.
Agosto 2007. Da Pian di Cimia, saliamo attraverso un boschetto di faggi fino a un piccolo passo, il “crucol” come poi lo chiamerà il Cicca. Da quel punto la vista è magnifica, la torre della Gusela troneggia sopra la Val del Burt circondata da pareti che danno una profonda sensazione di luogo selvaggio, come se fossimo in qualche luogo sperduto del mondo. Il viaggio per arrivare fin qui è lungo, 5 ore di cammino con gli zaini pesanti, ma gli amici di Feltre dicono che hanno superato la frana terminale di quella grotta e quindi non possiamo più fare finta che qui sotto non stia succedendo niente.
La galleria iniziale di Isabella è qualcosa di difficilmente descrivibile. Non so… ma credo che gli ingressi ai grandi mondi sotterranei, soprattutto gli ingressi bassi, si assomiglino un po’ tutti, non tanto per morfologia, quanto per magia… Si sente qualcosa… Si sente che quella è la porta a un mondo enorme, percorso solo dal vento, che finalmente lì se ne esce dal su lunghissimo viaggio sotterraneo. Un fruscio potente, alla prima strettoia, un rumore che non lascia dubbi: questo è il respiro del mostro.
Già in quell’occasione la grotta ci aveva lasciato correre per chilometri di gallerie, in esplorazioni indimenticabili che non basterebbe ormai una notte intera per raccontarle. Era chiaro, Isabella e PE10 erano solo due accesi allo stesso labirinto sotterrano. Avremmo trovato la chiave, il passaggio che ci avrebbe permesso di attraversarlo quel mondo, da parte a parte? Ne ero convinto, allora lo davo per scontato. Era solo questione di tempo… due anni dicevo, forse anche meno.
Ora devo confessare che ci sono stati momenti in cui ho dubitato, fino a non crederci proprio più. Davvero...
Sabato 22 agosto 2009. Da quella prima volta in Isabella ne è passato di tempo, soprattutto in termini di ore in grotta, di punte in PE10, di notti alla Locanda del Bucaniere, di giorni passati a sognare e a discutere, di sogni e incubi notturni… E ne sono passate tante anche di persone, amici venuti a godere con noi di queste esplorazioni, speleo che hanno dato tanto per realizzare questo sogno.
Ora siamo in quattro, Io, Marco, Omar, e Mauro. Ma potremmo essere anche Ciccio, Cristiano, Paolo, Luca, Andrea, e tanti altri nomi, e il destino non cambierebbe. Vogliamo questa giunzione a tutti i costi, siamo determinati e convinti che questa sarà la volta definitiva.
Dopo le esplorazioni degli anni scorsi, Isabella è diventata una grotta fonda ben 300 metri. La via che porta al punto più profondo è uno scomodo meandro attivo, un “ringiovanimento”, uno stupido scolo, scavato dall’acqua, che buca i livelli di gallerie freatiche e porta sempre più giù nella montagna. L’idea è quella che prima o poi quell’insignificante torrentello deve aver incrociato le grandi e labirintiche gallerie sottostanti del PE10. La strategia è la stessa che venne usata nella storica giunzione del Kayam tra Fighierà e Corchia: fregarsene dello stretto, abbandonare le vie fossili, troppo franose e indecifrabili, e scendere, scendere, scendere, fino a giuntare.
Avevamo percorso quella via la prima volta con Fabio e Michele, poi con Jean Pierre e Andrea, poi con Marco B ed altri, infine io da solo con Armando giusto un anno fa. Era stata quella una punta dura, in due, continuando a guardare l’altimetro, convinti anche allora che ce l’avremmo fatta. Ormai c’eravamo, le gallerie dovevano essere lì. Ma non ce n’era traccia ed eravamo tornati indietro stanchi morti dopo aver continuato a seguire il meandro inseguendo l’aria verso il basso… forse troppo in basso…
Poi i fatti di poche settimane fa: dal PE10 si esplorano improvvisamente altri chilometri di gallerie, oltre l’Isola che non c’è. Guardando il rilievo, proprio in zona Isabella, si estende ora un reticolo impressionante. Non è possibile che le due grotte non si tocchino. In tanti pensiamo “È fatta”, ed è solo questione di giorni ormai.
Questione di ore, mentre scendiamo lungo i pozzi della Via dei Turpi, inseguendo il vento, e giungiamo alla zona esplorata con Armando l’anno scorso. Lungo il percorso è rimasto da esplorare un grande pozzo caratterizzato da un bell’eco, proprio come alcuni camini che una settimana fa avevamo visto con Leo nel PE10.
Armo e scendo in un bellissimo fusoide profondo una trentina di metri, denominato poi Pozzo dello Scheletro (su un terrazzino c’è uno scheletrino di martora, e che ci farà là a –300?). Già prima di toccare il fondo vedo l’imbocco di una bella forra e penso che ormai ci siamo. Arriva anche Marco e imbocchiamo il condotto. L’acqua si getta in un altro ringiovanimento, impraticabile, mentre avanzando nella forra ad un certo punto vedo delle impronte. Dopo il primo momento di eccitazione, ragiono. Mi guardo intorno, questo posto lo riconosco, è la forra che abbiamo raggiunto io e Armando l’anno scorso scendendo due pozzetti fossili. Calma… siamo ancora in Isabella. Anzi delusione, il nuovo pozzo porta nello stesso posto visto l’anno scorso. Penso… Non mi sembra di ricordare altri bivi o finestre, le possibilità esplorative ormai sono pochissime. Avanziamo allora nella forra, seguendo l’aria, fino a un passaggio allagato, limite estremo della scorsa esplorazione… Non so che fare, sono indeciso. So che se mi butto dentro quell’acqua sarà la mia ultima possibilità e poi dovrò uscire per non congelarmi. Ma se il PE10 fosse proprio al di là? Penso alla strada dietro di me e non ricordo altre vie possibili… l’aria va di qui. Devo andare.
Mi butto nell’acqua fredda, e avanzo per cinque, dieci, venti metri, nell’acqua. Porca troia, la volta non si vuole alzare. Sento il freddo entrare dappertutto, ma non ho paura, sono determinato ad andare avanti. Finalmente sbuco in una gallerietta un po’ più grande, non saluto neppure gli altri dall’altra parte e comincio a correre avanti. Dopo cento metri, ancora nessuna traccia di giunzione. Maledetta, neanche questo ti basta… C’è una strettoia fetente. Provo a passarla… non riesco, dovrei togliere l’imbrago. Sono solo, non mi sembra il caso di rischiare di rimanere incastrato… Poi affacciandomi sento il vento soffiare… No, non posso fermarmi. Tolgo l’imbrago e spingo fino a passare. Ancora condotte, l’acqua sparisce in una fessura impraticabile. Avanzo lungo cunicoli fangosi, rotolando e scivolando nella palta che ormai mi ricopre totalmente. Che posto di merda… Bastarda!Bastarda! Sento sfumare il sogno. Sento che questo è troppo, che non ha senso. Che quello che rincorriamo è una stupida impresa senza senso che non vale tutto questo soffrire. Penso a quanto tempo ho dedicato a questo sogno, penso alle fatiche passate, agli sforzi, alle notti insonni. Penso a quante volte ho visto sfumarmi la giunzione tra le mani. Che altro vuoi bastarda? Che mi ammazzi per un desiderio? Non ti basta tutto questo? Ho un attimo di sconforto vero. Mi rendo conto che non ci sarà nessuna giunzione. È finita. Io non gioco più.
Rifaccio tutto il percorso a ritroso buttandomi in acqua fino a raggiungere gli altri. Gli dico che peggio di così non poteva andare. Sono abbattuti anche loro. Difficile credere che ci sia ancora qualche speranza…
Io sono fradicio, devo uscire, e Mauro mi accompagnerà. Mi sento ancora più triste quando Marco mi parla di disarmo… È proprio finita…
Guardo lui e Omar e dico: «Ok, però invece di risalire il Pozzo dello Scheletro, tornate per la via che abbiamo fatto io e Armando e guardate bene qualsiasi cunicoletto, buco, strettoia di merda che trovate. Ricordo che nella sala alla base della corda c’era qualcosa. Non ci credo più, ma potrebbe essere l’ultima possibilità».
Ore 02 di domenica 23 agosto. Sto sognando belle signorine, quando la voce di mauretto, mi sveglia. «Sono le due e gli altri non sono ancora usciti… sono un po’ preoccupato… Boia can!»
Di fronte il portale di Isabella e un cielo stellato. Un po’ infastidito per il sogno interrotto rispondo: « Strano, comunque non mi preoccuperei ancora, in fondo noi abbiamo corso e sono passate solo tre ore da quando siamo usciti…»
«E se avessero fatto la giunzione? Boia can!?»
«Non dire cazzate… è rimasta una probabilità su un milione, col culo che abbiamo avuto fino a adesso…» Mi stupisco del fatto che dicendolo rinasce una flebile speranza anche in me.
«Senti io entro in grotta e gli vado in contro, », mi dice Mauro.
«Ma… aspettiamo ancora una mezz’oretta, tanto è inutile preoccuparsi» Non faccio in tempo a dirlo che lo vedo sparire.
Sono di nuovo solo e ripenso a tutta questa storia. A quanto sarebbe bello che ci fosse il colpo di scena finale. Penso che è impossibile. In quell’istante sento delle voci da dentro la grotta. Parlano forte, come se fossero eccitati.
In un attimo Marco è di fronte a me…
«È fatta, abbiamo fatto la giunzione!»
«Dai non prendermi per il culo, non ci credo!»
«Cesco, non ci credo neanche io! Ma è fatta, siamo entrati in PE10, proprio dal cunicoletto alla base della corda. Circa venti metri strisciando e abbiamo cominciato a trovare impronte…»
Mi sembra assurdo. Quell’ultima possibilità… vedo la faccia di Omar, è tutto vero…
Ancora increduli cominciamo a urlare, a darci pacche sulle spalle.
Sento Isabella che ride… sempre più forte… e noi con lei. Mentre l’eco della nostra gioia si ripercuote per le pareti della Val Falcina.
A volte sembra proprio che i sogni siano irrealizzabili, a volte non si riesce più a crederci, ma quando meno te lo aspetti si materializzano davanti ai tuoi occhi. E allora sei talmente incredulo che non sai che fare, non sai che dire, solo ti ritrovi con qualche lacrima che ti segna il viso e una bella fiaba da raccontare.
Francesco
Mauro, Omar e Marco dopo la giunzione
L'ingresso di Grotta Isabella.
A passo Cimia