Eccomi di nuovo ritornato. Smaltendo il fuso orario e la stanchezza del viaggio (15 ore di pulmann e altrettante di aereo), mi trovo ora sui Monti Lessini ad assaporare un po’ di tranquillità… quella che ci vuole dopo giorni così intensi di viaggio.
Come è andata? Bè, le premesse non erano delle più semplici: accompagnare trenta persone nella traversata della Cueva del Rio La Venta dopo che l’anno scorso quella stessa grotta aveva rischiato di ammazzarci tutti con una piena improvvisa. Solo una mente un po’ annebbiata e sempre entusiasta come quella di Tullio poteva convincersi che una cosa del genere era possibile.
Così ci siamo trovati là, in tanti, da tante parti del mondo (20 italiani, 2 rumeni, 1 spagnolo, 5 messicani), senza neanche conoscerci bene. Ma sapevamo che la grotta avrebbe fatto il resto.
Non è stata fatica, ma un grande divertimento, accompagnare Cecilia e Chiara fino alla terribile Escala del Diablo, per poi tornare a passare la notte all’ingresso del Sumidero II° in compagnia del grande Gianpaolo, speleologo toscano esploratore del Gigi Squisito. Addirittura tornando verso fuori con le ragazze ci siamo improvvisati in un’esplorazione attraverso una nuova galleria allagata dove abbiamo nuotato allegramente per una decina di metri per poi risbucare sulla via principale.
La mattina dopo rientriamo per raggiungere tutti gli altri che nel frattempo dovrebbero essere arrivati al campo 1 nel Salone della Città Perduta. L’avventura è appena cominciata, percorriamo veloci luoghi incredibili, come il Lago degli Ignavi, il Salone Murcielagos, ambienti difficili da descrivere, ma che speriamo, una volta usciti, almeno le foto riusciranno finalmente a parlarne. Troviamo un campo pieno di vita, allestito su un terrazzo sabbioso di fianco a un gigantesco complesso concezionale. Da qui, in venticinque, creiamo un serpente luminoso difficilmente ripetibile e proseguiamo lungo la terribile Selva de Pedra.
Mihai, speleologo rumeno, mi procede sistemando gli armi da me tralasciati l’altra volta, mentre io piazzo qualche rifrangente per rendere il percorso meno labirintico. Gli ambienti si susseguono insieme ai ricordi dell’anno scorso, quando insieme a Jean Pierre avanzavamo lasciandoci trasportare dall’acqua nella tumultuosa Forra di Ollin. Poi la Cascata del Vento, con il suo rombo caratteristico. Ogni volta che ci fermiamo ad armare si accumula dietro di noi un folto gruppo di persone.
È bello fumarsi una sigaretta scroccata a Paolo, così in compagnia, discutendo di quanto è incredibile questo posto. Poi si avanza ancora, lasciandoci indietro i vari gruppi addetti alla fotografia di questo o di quell’altro salone. Ed eccoci alle Porte del Caos, un ambiente immenso che durante le piene si riempie d’acqua formando un lago pazzesco che poi trabocca nella soprastante Forra dei Sogni. Non ve la descrivo, non ci riuscirei. Sicuramente il luogo più bello di tutta la grotta.
La sera ci accampiamo stanchi al Corridoio dei Tapiri, nome appropriato visto che dopo due giorni di grotta sembriamo proprio 25 tapiri che si rotolano con i sacchi a pelo nella sabbia. Comunque al campo non manca nessuna comodità: cibo, rum, dolci liofilizzati… si gira tranquillamente in mutande e magliettina, a piedi nudi, cullati da un bel venticello caldo che nel nostro continente è inimmaginabile.
Terzo giorno. Proseguiamo avanti nella parte più affascinante della grotta. A Tullio e Riccardo aspetta il compito più difficile: fotografare il Salone Metnal. È dall’anno scorso che ho impressa nella mente l’immagine di quel luogo: un enorme colata che si getta in un lago blu smeraldo mentre dall’altra parte una gigantesca stalagmite s’innalza sopra le sue rive. Non è una foto, questa è “la foto”. Lasciati loro a lavorare noi proseguiamo oltre. Vincenzo, il nostro appuntato siciliano, non si sente bene, ha conati di vomito e giramenti di testa. È meglio farlo uscire. O meglio, è l’unica cosa che si può fargli fare. Quindi avanziamo, trovando la strada per il Teatro. Da qui abbandono tutti gli altri a far foto e mi avvio verso l’uscita ormai vicina insieme con l’ammalato. Usciamo che il canyon è ancora illuminato dal sole e reso vivo dai versi dei pappagalli. Mi godo questo spettacolo per pochi minuti, affido Vincenzo al buon Lucas, venuto a darci supporto esterno, e rientro nella Cueva per dare una mano agli altri. Ho ancora un conto in sospeso: il Salone della Cascata. L’anno scorso l’avevo percorso in mezzo alle tenebre di una nube di vapor acqueo, mentre la piena incalzava facendo sembrare la cascata una sorta di mostro affamato di speleologi. Insieme con Filippo vogliamo fotografarlo. Una volta accesi i fari ci rendiamo conto di quanto sia meravigliosa anche questa immensa sala, forse la più grande della grotta. Ci si arriva scendendo lungo un enorme complesso di vasche e colate concrezionali. Al di sotto della cortina sbuca con un getto assordante la grande cascata. Ci piazziamo in giro ragionando una foto che deve raccontare quel luogo. Uno, due, tre prove e ci riesce, tra le grida di gioia del fotografo che nonostante la stanchezza ha ancora entusiasmo da vendere. Ancora uno scatto, l’ultimo, sulla risalita di uscita, e poi eccoci fuori. Almeno noi della prima squadra, perché gli altri tarderanno ancora qualche ora fotografando negli ambienti precedenti.
Camminando lungo le sponde del Rio La Venta, sul fondo del grande Canyon, arriviamo al campo della Croce dove Cecilia, Chiara e Sara, ci stanno aspettando insieme a una decina di messicani che hanno pescato tutto il giorno per noi. Ora il bottino si trova a rosolare sulle braci e ben presto ci gettiamo all’attacco del cibo, rinfrancati da una buona bottiglietta di tequila. Poi ci stendiamo sulla sabbia. Sopra di noi cinquecento metri di parete a strapiombo sul fiume, e poi oltre il cielo stellato del Messico.
Certo, un po’ meno traumatico dell’altra volta.
Ora la grotta, questi luoghi, li sentiamo più amici. Questa volta ci hanno proprio fatto un regalo.
PS. Le foto di grotta sono di Giuseppe Savino, per tutte le altre dovrete avere pazienza perché confluiranno in un libro sulla grotta dove le potrete ammirare ben presto.
Il Salone della Città Perduta
Nei primi pozzi del Sogno Bianco
Con Gianpaolo in una grande dolina del sistema Narano
Uno degli ingressi della Grotta del Narano, nella parte alta del sistema carsico del Rio La Venta
Tre specie caratteristiche di laventini
Con Cecilia, sostegno logistco e morale.
BENTORNATO CESCO!SONO ANSIOSO DI INCONTRARTI, SENTIRE DAL VIVO I TUOI RACCONTI, E PROVARE A "PARTIRE" ANCHE IO, ALMENO CON LA MENTE E IL CUORE, VERSO QUEI LUOGHI!SEI SEMPRE BRAVISSIMO, ED E' UN PIACERE LEGGERTI E IMMAGINARE.UN ABRAZO FUERTE E APPUNTAMENTO NELLA NOSTRA LESSINIA PER UNA BIRRA, TANTE CIACOLE...E ALMENO QUALCHE GNOCKA TUA AMICA!HASTA PRONTO!Andreagsm
RispondiEliminaCiao, a me reduce della vendetta di Montezuma (spero si scriva così), il rivedere tramite queste prime foto ed il rivivere rileggendo il tuo racconto la splendida ed immensa Cueva del Rio la Venta mi ha rinnovato tutte le emozioni provate all'entrata della grotta, della serie:perdete ogni speranza ..... oppure io speriamo che me la cavo !!!!!ed ancor di più l'immensa gioia mista ad un inizio di nostalgia che mi ha pervaso nel risentire dopo 61 ore di nuovo l'odore della foresta. Rinnovo il GRAZIEEEEEEEEE a tutti voi che avete avuto il coraggio e la temerarietà di condividere questa magnifica avventura con tanti di noi.
RispondiEliminaOggi le notizie che ci arrivano dal Mexico ci rattristano, unica consolazione e il sapere che almeno i nostri amici messicani stanno tutti bene e hanno già ripreso ad andare in grotta approfitando del blocco delle attività imposto. Salutissimissimi Angelo Antonio (il napoletano)