martedì 14 luglio 2009

101 ore nel ventre del Supramonte

Se penso che fuori c’è un sole che spacca le pietre, un mare stupendo dall’acqua cristallina e tanti colori da far impazzire l’iride…
E invece il mio led si sforza di squarciare il buio della più profonda e “bastarda” grotta della Sardegna.
Quattro continentali e quattro isolani. Attorno a un tavolino di pietre scherziamo e ci prendiamo in giro preparando una cenetta coi fiocchi sulle rive del collettore.
Dietro di noi abbiamo lasciato che la pesante porta di accesso a questo mondo severo e maestoso si richiudesse nelle buie acque del sifone di Istettai. Dietro di noi pozzi e strettoie, Bitungas, Violazione di Domicilio, SACRILEGIO, tanti ostacoli che lassù, 300 e passa metri più in alto si collegano con il cielo terso della Sardegna.
Davanti a noi invece solo il primo passo di un viaggio lunghissimo che porta a rivedere la luce a Su Gologone, oltre 20 km in linea d’aria e chissà quanti di grotta. Davanti a noi il sogno realizzato di questi amici sardi che quando credono a qualcosa lo ottengono, qualsiasi ne sia il costo in termini di fatica, incomprensione, pazzia…
Istettai è proprio una grotta folle, bella quanto crudele nel non lasciarti correre avanti seguendo le rive di quel torrente impetuoso che si infila attraverso frane, fratture sifoni. Maledetti goffi corpi che ci portiamo appresso, quanto bello sarebbe poter fluire come gocce d’acqua nella corrente? 
Davanti a noi, oltre la frana delle Cipolle, c’è sicuramente un mondo che neppure riusciamo immaginare e che dubito potremo mai illuminare compiutamente. Qualcosa più grande dell’uomo, qualcosa che ti sconfigge appena cerchi di ribellarti da quella morsa che ti trattiene lì impotente senza riuscire ad andar oltre. 
Dentro di noi, piaghe, dolori, stanchezza, fame, dubbi. Che cazzo ci facciamo quaggiù? Che cosa stiamo cercando? In fondo tutto questo è solo aria, roccia, acqua che scorre. Ma in fondo tutto questo è anche il nostro sogno, per cui gli speleo sardi hanno scavato, lavorato, faticato per anni, e il nostro sogno per cui noi continentali abbiamo preso un traghetto, attraversato il Tirreno, stretto amicizie, sbirciato in questo mondo del Supramonte che sembra più il Messico o un luogo in capo al mondo invece che una parte d’Italia. 
Attorno a noi il Supramonte, sopra e sotto, ci circonda, con la sua gente, il suo passato, tutti gli speleo che qui hanno cercato e sognato. In fondo il fluire del collettore è proprio come lo scorrere del tempo: ogni istante lascia nuovi segni, scava, allarga, ostruisce, crea. E non si ferma mai. 
Un giorno torneremo laggiù a toccare le rive di quel fiume chilometri più a valle? Un giorno rideremo di questo campo pensando a quanto ancora non conoscevamo? 
Solo quell’acqua che uscirà a Su Gologone ha queste risposte ma noi non possiamo leggerle.
Ma intanto, dopo 101 ore nel cuore di questa montagna, ci portiamo fuori a far asciugare al sole ciò che i nostri occhi hanno visto, dalle meravigliose cascate della Garganta del Diablo, alla gigantesca colata del Salone Simingione. Li facciamo asciugare al sole della Sardegna e ce li portiamo nel cuore fino a qui e oltre. Come fossero il rumore del fiume, che sempre sussurra e chiama, come il canto di una sirena, a ritornare…

Grazie a tutti i compagni di questa avventura, anche e soprattutto a tutti quelli che ci hanno accolto fuori sabato sera con quella mitica festa all’ovile del signor Mulas. Grazie anche a tutti quelli che hanno lavorato in quella grotta negli anni, permettendo anche a noi, ultimi arrivati, di vedere il collettore del Supramonte. 







1 commento:

  1. Mi vien proprio da dire: DIOCANARIN!! Cazzo, avete fatto un'impresa, sempre ben descritta e ben "vissuta" nelle tue parole e nei tuoi racconti, Cesco! Sono contento davvero!!Credo che le emozioni si siano accavallate come le note di Morone sulla chitarra, che le sensazioni siano molteplici...che dire?!Si può solo leggere e rimanere con l'acquolina, io scarso sherpa ormai "impretato" con la sola preta, a fare avanti e indietro con due batterie pesanti per far quattro inutili buchi su una risalita...sì, l'esplorazione è bella ma bisogna anche alimentarla...ARRIVEDERCI SUI PIANI ETERNI!!Un abrazo! Andreagsm

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