sabato 20 febbraio 2010

Obiettivo -500

Bè... proprio prima della nostra partenza per il sudamerica, il Vittolone, invece di prepararsi i bagagli, si diletta a montare filmati scabrosi fatti durante il bel campo di 101 ore a Istettai nel Supramonte sardo. Davvero bello, emoziononante entusiasmante, tra giulie urlanti, condomini litiganti, sifoni apneici e chi più ne ha più ne metta. Grazie Vitto.

domenica 14 febbraio 2010

Dove andrà l'acqua dei Piani Eterni?

In attesa delle autorizzazioni per il tracciamento, fiduciosi che quest'anno finalmente toglieremo il velo su questo mistero che ormai da vent'anni assilla gli speleologi pianieterneschi, oggi siamo andati a cominciare i sopralluoghi nelle varie sorgenti della Val Canzoi. Ovviamente non poteva mancare una puntata alla risorgenza valclusiana del Cavron, una delle due candidate favorite alla connessione idrologica col sistema. Un po' mi vergogno a dirlo, ma in ormai dieci anni di frequentazione dei Piani eterni, non mi ero mai avventurato in questa grotta che nelle sue viscere sommerse cela probabilmente l'accesso a mondi di gallerie che non riusciamo neppure a immaginare.
È stata anche l'occasione per fare un po' di foto col nuovo obbiettivo. Posti bellissimi come sempre. Li lascio pensando con gioia che a maggio mi accoglieranno per molti giorni e notti, e tanto ci sarà ancora da conoscere e capire.


L'entrata innevata.


L'ingresso vista dall'interno.


Il sifone terminale. L'acqua è talmente limpida che si fa fatica a vederla.

sabato 6 febbraio 2010

La Preta gelosa

Era un po' che trascuravamo la Spluga della Preta... Altre grotte più calde e giovani, dai Piani Eterni al Messico ci avevano allontanato da questa regina degli abissi che però non perde mai il suo fascino irresistibile.
Purtroppo, o per fortuna, capita ogni tot anni che qualcuno sia così svitato da pensare che laggiù ci siano ancora dei misteri da svelare. Quest'anno è stata la volta di Mauro e Jonny, che da un po' di tempo cercavano di convincermi a tornare laggiù, utilizzando mezzi coercitivi come litri di alcolici e serate di delirio in qualche pessimo pub padovano. Alla fine ci sono riusciti, complice anche la mia voglia di mettere un po' alla prova il mio fisico prima della partenza per il venezuela, prostrato dalle lunghe e molli giornate cittadine di questi ultimi tempi.
Così venerdì scorso, dopo aver rischiato di distruggere la mia macchina appena riparata nel tentativo di salire per la strada della liana, ci siamo incamminati lungo il sentiero fino all'ingresso dell'Abisso.
È stata una punta molto bella, il mio mal di schiena annullato dalla terapia d'urto (funziona ancora!), il campo a -630 pieno di leccornie abbandonate dagli amici polacchi a giugno (grazie Jaga, i dessert Travellunch erano ottimi!), le gallerie del Vecchio Trippa spettacolari più di sempre e una coppia di pazzi scatenati a cui mostrare i punti interrogativi che sono rimasti nella mia mente dopo tanti anni di letture e discese in Preta.
Il sabato mattina, dopo una deliziosa dormita che mi sembrava di essere in un albergo di lusso (faceva così caldo rispetto ai PE che era quasi fastidioso), ci siamo incamminati verso i -800 della Sala Tarsis ad affrontare un vecchio contenzioso che era rimasto aperto nel giugno del 2008, quando con Felpe avevamo trovato la Via dei Salmoni.
C'era questa risalita, proprio nel grande salone, che mi aveva illuso sbucasse su una bella galleria. Dopo una bella carica di adrenalina e stretching per una ventina di metri di artificiale nettamente strapiombante (almeno tre-quattro metri di tetto) e roccia marcia, finalmente arrivo su e trovo solo un meandrino così poco appetitoso che non ci entro neanche (comunque va, bisognerà tornarci) pensando di lasciare continuare ai due manigoldi che mi aspettano lì sotto.
Ma prima di tornare su, decidiamo di fare un ulteriori giro del grande salone per vedere se ci è sfuggito qualcosa. E infatti quello che ricordavo un camino abbastanza inutile sul lato nord, alla più attenta osservazione con luce più forte rivela un bell'ambiente sopra, anche qui un'apparente galleria. C'è anche un bel pipistrellino che dorme beato. Ci facciamo prendere dall'entusiasmo, spostiamo baracca e burattini, e lanciamo mauro a divertirsi un po' verso l'alto. Ma è qui che la Preta ci dà i primi segni di irritazione... "Che è? non vi fate vedere da un casino di tempo e adesso pretendete di trovare così la via giusta? Tornatevene sui Piani Eterni, visto che vi piacciono così tanto", la sento sussurrare mentre Mauro scava inutilmente in un pastone di cataclasite per piantare disperatamente un fix. Dopo due ore di tentativi, a non più di tre metri d'altezza, una conoide di sassi si è formata sotto la corda e il nostro prode impreca contro la sua incapacità di alzarsi di più. Quando mi chiede cosa ne penso di una roccia che suona evidentemente vuota (non terrebbe un coniglio) gli rispondo beatamente da disteso dicendogli che in questi casi bisogna essere un po' fatalisti, sperando che non mi prenda troppo sul serio.
È tardi e per questa volta rinunciamo anche se il posto sembra veramente molto interessante ed evidentemente la risalita (non più di 15-20 metri) è stata tralasciata negli anni passati proprio perché sembra di arrampicare su un castello di sabbia.
Sabato sera al campo altro cenone da paura, dormita di 4-5 ore e poi si parte verso l'uscita. Risaliamo "fluidi" senza fretta, sereni e rilassati, senza mai prendere freddo e neppure sudando. Sembra che stiamo tornado da un'ordinaria passeggiatina
sul lungadige.
Sono proprio cambiate le cose rispetto a dieci anni fa, allora tutta quella montagna da risalire mi sembrava infinita, mi schiacciava, mi dimenavo per i meandri come fossi su un campo di battaglia. Così invece , grazie anche al campo, è veramente tutta un'altra cosa. Bello davvero.
Ma tutta questa spensieratezza finisce quando arrivo sopra il saltino della marmitta. Sono le 10 del mattina e non vedo l'ora di essere davanti a un piatto di pasta fumante, quando sento un boato abbastanza impressionante. La Preta si sta un po' incazzando: "venite così e siete anche spensierati? adesso ve la faccio passare io la spensieratezza!"
Immagino subito quello che sta accadendo e arrivato alla luce del 131 un'altra bella scarica di neve e ghiaccio mi da uno splendido benvenuto. Ogni 5 minuti circa arriva giù una slavina di neve pesante e ghiaccio che fa davvero paura. È evidente che risalire è un gioco d'azzardo. Arrivano anche gli altri, ma ancora una volta reagiamo con assoluta tranquillità: tiriamo fuori i sacchi a pelo, il poco cibo che ci rimane e ci distendiamo alla pase del pozzo a goderci in diretta lo spettacolo delle slavine.
intanto, fuori, Andrea è all'ingresso: riusciamo a fargli capire che aspettiamo. Dopo circa tre ore evidentemente il vento che fuori continuava ad alimentare gli accumuli si placa e le scariche si fanno più rade, ma ogni tanto impressionanti, con anche blocchi di roccia. Quando contiamo 30 minuti tra una scarica importante e l'altra decidiamo di partire per una risalita velocissima che ci porterà in una dolina freddissima (almeno -15, non ho mai visto in Preta condizioni simili) con corde candelotto di ghiaccio e amenità simili. Ma dopo 45 ore dal nostro ingresso di venerdì, finalmente siamo fuori e Andrea e Claudia, vera manna dal cielo, ci aiutano a disarmare finché noi ci lanciamo nella caserma della finanza a cambiarci. È una giornata freddissima ma fantastica!
Gli sarà passata l'incazzatura alla Preta? avrà capito che lei non è paragonabile a nessun altra grotta?
Mauro, Jonny... mi sa che dovete coccolarla ancora un po'! La conosco bene, alla fine l'Abisso non delude mai chi crede veramente nella sua bellezza.

All'uscita. (foto Claudia Iacopozzi)




Alla base del Pozzo della Speranza nei rami del Vecchio Trippa (foto Ezio Anzanello).

domenica 24 gennaio 2010

La traversata dei cristalli: Rio Stella-Rio Basino

Appena tornato da questa bella traversata nei gessi romagnoli, ne approfitto per pubblicare 4 foto.
Finalmente, insieme a Jean ritornato dall'Australia, abbiamo seriamente cominciato il progetto che avevamo in mente da tempo. Se questo è solo l'inizio mi pare di capire che la faccenda sarà decisamente divertente... ne scriverò a breve.
Ne approfitto per ringraziare Luca, Cristina e il mitico Benassi (a cui auguro buona spedizione in Laos) per la compagnia in grotta e Giovanni Gadget e Sabrina per la splendida ospitalità di sabato sera.


La bella forra finale prima di uscire dalla risorgenza di Rio Basino.


Megacristalloni nella zona della giunzione.


Ancora Rio Basino.

lunedì 7 dicembre 2009

Nessun luogo è lontano

"Nessun cuore ha mai provato sofferenza quando ha inseguito i propri sogni." Paulo Cohelo

Forse è il momento di fare un po' di bilancio di questi ultimi due anni di vita. Non so perché scelgo proprio questo momento, e questo luogo, dove tante persone possono leggere, ma forse non tutte possono capire.
Il Chiapas ormai è alle spalle, un'altra avventura, diversa, intensa come poche altre, con incontri e amicizie che hanno arricchito nel profondo questo nuovo e ultimo viaggio del 2009.
Penso a quante miriadi di cose sono successe in questi ultimi 11 mesi. Per ben 4 volte ho volato oltre l'oceano per cercare quella sostanza "stupefacente" dal sapore così inconfondibile che è l'avventura. Il rincorrere un sogno scaturito da un racconto, da una foto, da un libro. Il vivere l'esplorazione abbandonandosi ad essa.
Proprio alcuni mesi fa mi ero ritrovato a scrivere di libertà di scelte, di poter vivere la propria vita facendola dirigere dai propri sogni. Uno scritto che ora rileggo e mi ci ritrovo totalmente. Non l'ho voluto pubblicare allora e neppure lo sarà ora, perché ogni cosa ha il suo tempo per essere compresa.
Io sono una persona davvero fortunata. Anche determinata, certo. Ho sempre creduto che le cose basta volerle fortemente per trovarsele nelle proprie mani, inaspettatamente. E quest'ultimo periodo è stata l'ennesima riprova di questo. A volte mi chiedo però se sarà sempre così... Non lo so. Certo qualcuno potrebbe dire che io in fondo ho una vita che permette tutto questo. È vero, ma è anche una scelta. Una scelta di libertà, che sembra la più facile del mondo, ma in verità non lo è.
Certo è giusto quello che dice Cohelo, scegliendo di seguire i propri sogni si sente di essere sulla giusta strada, e il soffrire non esiste. Bisogna però rinunciare a tutto il resto, spesso alle persone che vorresti vicino, e relegarle in un punto della propria esistenza portandole dentro di sé.
La vita è piena di sorprese, e ricordando il passato, mi viene da pensare che mai avrei detto che nel giro di una anno mi sarei trovato a volare sopra i Tepui, per poi dormire nella Cueva del Rio La Venta, tuffarmi in un sifone in apnea verso il grande collettore de supramonte, per poi salire sulle cime desertiche delle Guadalupe Mountains del New Mexico, e quindi ritrovarmi a un passo dalla giunzione tra il nostro PE10 e Grotta Isabella, e poi di nuovo in Messico circondato dal dono di persone eccezionali. Ho un po' di paura, lo confesso. Perché ripensando a tutto questa miriade di esperienze mi rendo conto che davvero non so che cosa ci riserva il futuro. Certo è che non riesco a smettere di sognare luoghi lontani, già a una passo nella mia mente, viaggiando alla ricerca di immagini e documentazione per organizzare la prossima partenza.
Forse il fatto è che non ci sono partenze e ritorni. Sono in viaggio ormai da due anni, e quando sono a casa, come ora, in questo nebbioso paesaggio veneto, in verità la mia mente è ancora oltre e sta semplicemente riorganizzando lo zaino. Non c'è bisogno di partire, perché in verità non sono mai tornato.

"Tra vent'anni rimpiangerai le cose che non sei riuscito a realizzare molto più di quelle che hai fatto. Per questo dimenticati dei limiti. Naviga lontano dal porto sicuro. Cattura il vento nelle tue vele. Esplora. Sogna. Scopri." Mark Twain




Chiapas, novembre 2009 (foto Carla Corongiu)


Piani Eterni, agosto 2009.


New Mexico, luglio 2009


Chiapas, aprile 2009


Venezuela, Akopan Tepui, febbraio 2009


Chiapas, Ombligo del Mundo, aprile 2008. (foto Carlos Sanchez)

sabato 21 novembre 2009

Fuori dalla selva

Siamo rientrati oggi a Cintalapa dopo 5 giorni nella foresta. Come già scritto da Corrado, purtroppo alcuni problemi burtocratici di autrizzazioni con l'INAH (Istituto Nazionale di Archeologia e Storia del Messico) non ci hanno permesso di lavorare con serenità e abbiamo così deciso di anticipare di qualche giorno la seconda fase della spedizione. Lassù abbiamo lasciato molte cose da fare, i pochi giorni ci sono bastati a malapena per capire dove concentrare gli sforzi in un territorio veramente vasto. Abbiamo percorso chilometri di selva, inseguendo segnalazioni di grotte e inghiottitoi, spaziando dal Rio Nero al Rio la Venta. Abbiamo effettuato due campi principali, un nella zona del Clarin e un altro nel meraviglioso rancho Vaje Acosta, da cui ci siamo spostati sia in giornata, sia passando una notte con le amache nella selva. Alcuni avvicinamenti hanno richiesto più di 5 ore di cammino, aprendo picade a colpi di machete, guidati dai proprietari di terreni e dai giovani rancheros di Cardenas. Le grotte esplorate non sono state in verità molte, alcune cavità sul centinaio di metri nella zona clarin, grotte fossili e brevi inghiottitoi nella zona di Acosta. Un gruppo si è perfino spinto alla junta, attraversando un impressionante paleoalveo del Rio la Venta.

In un paio di giorni abbiamo cominciato a capire che le ricerche andavano concentrate più verso il canyon, seguendo le principali valli controllate da lineamenti strutturali. Finalmente l'altro ieri abbiamo trovato un vero e proprio corso d'acqua, interrotto da trafori fino ad arrivare a un inghiottitoio, purtroppo impraticabile, in cui le acque spariscono per riemergere nel Rio La Venta, tre chilometri oltre e 450 metri più in basso. Nella valle, al di sopra dell'inghiottiotoio occhieggiano vie fossili che non abbiamo avuto il tempo di esplorare. Poi la decisione di abbandonare, di rientrare per non avere problemi con l'INAH. Così abbiamo spremuto fino all'ultimo le nostre energie esplorando oggi un'altra valle dove abbiamo individuato un torrente ancora più grosso, fino ad un altro imponente sumidero completamente ostruito da tronchi e massi. Al di sopra era evidente un alveo di troppo pieno che si spingeva fin sotto a una parete un centinaio di metri oltre. Ma eravamo senza autorizzazione del propietario del terreno e abbiamo preferito non rovinare gli ottimi rapporti con i locali. Se si riuscisse a entrare là sotto non ci sono dubbi che si entrerebbe in un altra Cueva del Rio La Venta.

Ma siamo pazienti... Questa volta abbiamo avuto davvero sfortuna. Fosse stato per le nostre guide potevamo stare lì comodamente ad esplorare con loro l'altopiano ancora per mesi. Ma purtroppo alcune delicate questioni politiche (ed economiche) che non sto qui a spiegare, hanno creato le condizioni per fermarci prima del tempo e, forse, proprio quando il bello doveva venire. Fortunatamente le grotte però non spariscono nel nulla, e ora sappiamo dove trovarle, grazie anche a questi lunghi giorni di ricerca spesso infruttuosa.

La spedizione comunque non è finita. Stiamo raccogliendo nuovamente le forze per spostarci in un'altra zona carsica dove alcuni amici speleo messicani ci hanno invitato a tentare l'esplorazione di un sifone in un grosso inghiottitoio che alimenta le sorgenti del famoso Canyon del Sumidero. Si tratta della Cueva Puercospin, un - 300 ancora da capire e in buona parte da esplorare. Saremo là da lunedì e vi manderemo altre notizie.

Per quanto riguarda la salute dei partecipanti, direi che ormai ci siamo ripresi tutti abbastanza bene, anche se il consumo di tachipirine e cortisone è stato decisamente anomalo. In foresta abbiamo avuto spiacevolissimi incontri con formicai tremendi, api, larve urticanti, tarantole, zecche e qualche innocua nauyaca che se l'è passata ancora peggio di noi. Ma questo fa parte della selva, fa parte dell'avventura, e quindi in fondo non ci è pesato poi così tanto. Anzi, ora che siamo in albergo, ci sembra così strano pensare a quell'intrico verde, e forse solo ora, rilassandoci da quella concentrazione quei luoghi ti costringono ad ogni passo, riusciamo ad assaporare il fascino di questa terra e di questo viaggio di esplorazione.


La nauyaca del sentiero che porta a Tres Marias (foto N. Russo)

giovedì 12 novembre 2009

Dentro le foreste del Chiapas

Era appena l’inizio di maggio, pochi mesi fa, quando, distesi sul cassone di un pick-up, lasciavamo le foreste che circondano la Lopez Mateos, illuminate da un tramonto messicano dagli orizzonti sconfinati. Pensavo a quanto buio si doveva estendere là sotto, alla bellezza della Cueva del Rio La Venta, ai sogni di nuove esplorazioni che in futuro ci avrebbero potuto portare nuovamente a precorrere impetuosi fiumi sotterranei e giganteschi saloni concrezionati. Mai avrei pensato che sarebbe passato così poco tempo per ritrovaci lì nuovamente a coltivare questo sogno.

Tra pochi giorni saremo al ranchito, e da lì inizieremo una nuova avventura nelle foreste del Chiapas.

Era da mesi che procedevo con la faticosa organizzazione dell’ultima, tanto agognata spedizione a Juquila, nello stato di Oaxaca. Avevamo programmato quest’ultimo viaggio, in quelle montagne così affascinanti, per concludere un progetto che ancora aveva delle incognite, dal sapore di canyon inesplorati e di grotte antiche ricche di dipinti di antiche civiltà mixteche. Forti di un accordo triennale con i campesinos di Tepelmeme, avevamo deciso di partire ad ogni costo, creando vari gruppi e articolando una logistica complessa che richiedeva l’appoggio totale delle nostre guide locali.

Putroppo in Messico nulla è scontato e delle forti opposizioni all’interno dell’assemblea del pueblo di Tepelmeme mettevano in forte dubbio l’accordo stipulato in passato. Siamo pur sempre stranieri che hanno una strana passione, quella di esplorare, senza pretese di scoprire cose che abbiano un valore economico. La nostra esplorazione significa semplicemente conoscere, e la passione che ci spinge ad affrontarla viene alimentata dall’avventura che sappiamo ci aspetterà ad ogni passo, ad ogni svolta che ci potrebbe portare verso l’ignoto. Ma quanto è difficile spiegare questo a delle persone che vivono in un  deserto pensando solo a riuscire a sopravvivere di ciò che gli offre quella terra? È comprensibile che, dal loro punto di vista, tutto questo nostro volere, tutto questo sforzo per esplorare sia insensato se non ci fosse un reale interesse economico in tutto ciò. E così affiorano i sospetti, si può pensare che questi europei avventurieri siano degli ingannatori, che in verità cerchino reperti archologici, petrolio o diamanti, chissà quale ricchezza nascosta nel cuore della loro terra.

Da settembre ad oggi a Tepelmeme ci sono state riunioni fiume, a cui hanno partecipato Alicia Devila, la nostra socia messicana, insieme con Arghelia e Israel, amici speleologi che hanno creduto in questo progetto. Abbiamo cercato di offrire qualcosa di tangibile alla comunità, libri in spagnolo, manifesti, appoggio per le loro iniziative di turisticizzazione, ma il sospetto, alimentato anche dalle leggende riguardanti un incidente avvenuto in grotta a degli speleologi inglesi che erano alla ricerca del plutonio (!), ha prevalso e alla fine ci è stato chiaro che i tempi non sono maturi. Forse un giorno torneremo in quelle montagne ma questo avverrà solo quando la gente avrà capito che non vogliamo rubargli niente,  ma che vogliamo solo conoscere il loro territorio e permettere anche a loro di sapere quali meraviglie della natura hanno nelle loro mani.

 Se c’è una cosa che non manca in Messico, sono le grotte da esplorare, e certamente a noi di La Venta non mancano progetti e sogni esplorativi (anche troppi). Così quel sogno messo nel cassetto a maggio è stato ritirato fuori e la spedizione a Juquila in pochi giorni si è trasformata in un ritorno in Chiapas. L’obiettivo è spingersi oltre la colonia di Cardenas, oltre le grotte del Clarin e della Neblina, per raggiungere degli imbocchi che i racconti dei locali dicono giganteschi. In effetti nessuna spedizione si è mai spinta così addentro a quel triangolo di foresta che si trova tra la confluenza del Rio Negro e il Rio La Venta. Sicuramente in quell’area esistono altri collettori, con morfologie del tutto simili a quelle della meravigliosa Cueva del Rio La Venta. Sarà quindi un’esplorazione ricca di incognite ma che presenta anche grandi prospettive.

Un’altra novità in questa spedizione sarà il tentativo di superamento di alcuni sifoni in grotte già note (Los Bordos, Clarin, Neblina) da parte del nostro speleosub Pierpaolo. Inoltre, se il tempo ce lo permetterà l’idea è pure quella di fare un campo nella zona di Los Bordos per riprendere le esplorazioni anche in questo settore del canyon, di cui di fatto si conosce ancora ben poco. Insomma di carne al fuoco ce n’è davvero molta. Tanto dipenderà dalle guide locali e anche dalla fortuna, ma sono certo non torneremo delusi, perché laggiù le grotte ci sono certamente.

Siamo un bel gruppo di ben  17 persone, provenienti da varie parti d’Italia (Trieste, Padova, Verona, Vicenza, Cagliari, Roma, Napoli…). Come La Venta stiamo cercando in questi anni di coinvolgere nei nostri progetti speleo, fotografi e ricercatori validi che abbiano voglia di darsi da fare e vivere queste avventure insieme con noi, condividendo questa passione e il nostro modo di svolgerla.

Anche questo nostro nuovo viaggio è supportato da Ferrino, oltre che da Intermatica che ci ha fornito degli apparecchi satellitari che renderanno più sicure le operazioni in foresta, permettendoci di abbandonare la vecchia e complessa tecnica  del posizionamento di ponti radio.

Cercheremo di tenervi informati degli sviluppi, comunicando con l’Italia almeno ogni due-tre giorni. Potete seguirci dal blog di laventa, blog.laventa.it.

Sono le 2 di notte, tra poche ore saliremo su un aereo, e poi sarà solo la foresta e le sue grotte misteriose ad occupare i nostri pensieri.

 

Ciao a tutti

 

Francesco

 

 



Nella Cueva del Rio La Venta. Foto di Filippo Serafini

Chiapas. foto di Filippo Serafini.