Solo a partire dal 19° secolo i sismografi ci permettono di localizzare e registrare l’intensità dei terremoti creando un archivio storico grazie al quale è stato valutato il rischio sismico delle diverse regioni italiane. Tuttavia, i dati in nostro possesso coprono un periodo estremamente breve nella concezione geologica del tempo, e per andare ancora più indietro nel passato è necessario accedere agli archivi naturali del sottosuolo.
Guardando le immagini del terremoto del Centro Italia risulta
evidente più che mai come l’energia che si scatena sulla superficie con la
propagazione delle onde sismiche, non solo devasta le opere dell’uomo, ma causa
anche la formazione di nuove fratture e la caduta di blocchi dai versanti delle
montagne. Le faglie aperte sui versanti del Monte Vettore nelle Marche ne sono
un esempio, così come le frane avvenute sul Gran Sasso a partire dalla scossa
del 24 agosto. Tuttavia, quello che non possiamo vedere con chiarezza è ciò che
è avvenuto nel sottosuolo, nel luogo dove si è sprigionata tutta quell’impressionante
energia. Un geologo attento può leggere nel paesaggio le evidenze dell’attività
tettonica del passato, ma molto spesso queste sono mascherate dall’erosione, ed
è veramente difficile assegnare una cronologia agli eventi e riuscire a capire
quando e con quale frequenza una zona è stata colpita da sismi nelle ultime
migliaia di anni.
Lo strumento più potente per leggere la sismicità del passato
è rappresentato dalle stalagmiti, formazioni di carbonato di calcio, frequenti
in moltissime grotte del mondo, e che hanno registrato i terremoti sotto forma
di microfratture, cambi del proprio asse di sviluppo o crolli. Le stalagmiti
sono un po’ come gli alberi, dove gli anelli di crescita si possono datare con
sistemi radiometrici e quindi è possibile assegnare una data certa a ogni evento
con notevole precisione, spingendosi fino ad oltre un milione di anni dal presente
Durante l’esplorazione del sistema di grotte dei Piani Eterni
nel Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi mi ero imbattuto in un enigma
affascinante: in una delle gallerie più profonde avevamo scoperto una grande stalagmite
crollata come un tronco d’albero sul pavimento della galleria sotterranea. Già
alla prima vista era evidente che questa colonna, se rimessa in piedi nella sua
posizione originale, non poteva essere contenuta tra il pavimento e il soffitto,
troppo basso in quel punto. Grazie a una datazione assoluta effettuata sulla
colonna con il metodo dell’Uranio/Torio è stato possibile dedurre che centonovantamila
anni fa un terremoto, chissà di quale intensità, aveva spostato gli strati di
roccia abbassando il soffitto di quella caverna e causando il crollo della
grande colonna. Difficile immaginare cosa avrebbe significato trovarsi laggiù
in quel momento.
Ma questo non è l’unico caso. Tracce di terremoti nelle
stalagmiti sono state individuate in moltissime grotte italiane, tra cui anche
nelle famose Grotte di Frasassi. Sui Monti Lessini alle spalle di Verona
un’altra grotta ha fornito una stalagmite le cui variazioni nell’asse di
crescita sono state associate al terremoto di Verona del 1117, uno dei più
devastanti sismi mai avvenuti nella penisola italiana (considerato di grado 8
della Scala Mercalli e che ha causato la distruzione di Verona, Padova, Trento
e Cremona). Ma non solo, la stessa stalagmite ha rivelato la presenza di altri
sismi di simile intensità avvenuti con una cadenza circa millenale fin dalla
preistoria.
Ricercare i segni dei terremoti del passato nel sottosuolo
potrebbe apparire una ricerca fine a sé stessa, un fatto di puro interesse
storico. Ma quando ci si trova con la terra che trema sotto i nostri piedi ci
si rende conto improvvisamente che, entrando nel concetto di tempo geologico,
tutto è collegato. Il terremoto è solo uno sui milioni di eventi sismici che
sono responsabili della formazione della struttura naturale del nostro paese,
del sollevamento prima delle Alpi e poi degli Appennini. Ci troviamo di fronte
a un processo che nel nostro concetto umano del tempo facciamo davvero fatica a
comprendere, un evento eccezionale per noi uomini, che invece ragionando coi
tempi di evoluzione del nostro pianeta rientrerebbe nella normalità. Trovare degli indizi che ci dicano se una zona
del nostro paese era attiva in un passato non così geologicamente lontano, ci
permette di prepararci per il futuro e a considerare la nostra terra come un
essere vivo la cui enorme energia va assecondata e non ignorata.
La grande faglia di Cimia emerge in superficie e taglia il sistema carsico dei Piani Eterni. Molte gallerie di questa grotta sono state intersecate da attività tettonica nell'ultimo milione di anni. |
Nella galleria del Teatro nei Piani Eterni una grande stalagmite è crollata 190 mila anni fa a causa di un terremoto che ha spostato il tetto della caverna. |