mercoledì 18 agosto 2010

Verso Cimia

Esplorare significa percorrere un territorio, imparare a conoscerlo passo dopo passo, capirne i capricci, le stranezze, il carattere... e infine sapersi far guidare da quell'istinto che non nasce da noi, ma dalla nostra unione con quell'ambiente, da una sorta di interazione energetica che fa in modo che già "sappiamo" ancora prima di voltare l'angolo e scoprire cosa ci sia oltre.

Conoscere le viscere di un massiccio carsico è un'operazione intellettuale che richiede anni di fatiche, di sogni, di smentite e di sorprese. E più quel labirinto diventa grande, più ci si ritrova persi e ci si rende conto che il vero obbiettivo non è trovarne l'uscita, ma costruire una geometria, una sorta di mandala gigantesco che sgorga dalla nostra mente e si materializza in un luogo. 
Quest'anno il labirinto ci ha portato verso Cimia. Questo posto, una specie di terrazzo sospeso sopra i versanti della Val Falcina, rappresenta per me ancora qualcosa di misterioso e ammaliante. Lontano da qualsiasi punto di appoggio, raggiungibile solo attraverso sentieri ripidissimi. Lontano da tutto. Ma così vicino a quell'idea del sistema che ci stiamo costruendo nella nostra testa da renderla reale.
È stata senz'altro la più bella avventura di questo campo estivo 2010. Decisi fino alla testardaggine a partire, in tre uomini e una quota rosa, più il Mauretto di ritorno da Isabella che non poteva esimersi di fermarsi a farci compagnia.
Poteva non esserci nulla, ma le vene del sistema erano ormai così scoperte che non poteva esimersi da rilassarsi un po' e lasciarci esplorare.
Ne è bastato uno di buco, uno dei sicuramente tanti pozzi che la mughera, sorta di selva dantesca della perdizione, custodisce tra i suoi tentacoli. Grotta bellissima che abbiamo la fortuna di scendere io e Jonny, mentre Mauretto e la Greta si cimentano in improbabili equilibrismi sul mugo alla ricerca di altre entrare all'epica frase di "Ok, ora andiamo!".
Subito non ci credevamo, ma il grande pozzo continuava a scendere con una candida lingua di neve e ghiaccio e ci inghiottiva in gallerie tracheali dai pavimenti ghiacciati. Avrà avuto il mal di gola la signora? E noi stavamo lì a fargli il solletico fumandoci una meravigliosa sigaretta nel cuore di una condotta freatica di 5 metri di diametro. È stata davvero una delle esplorazioni più entusiasmanti che io abbia fatto, sarà perché sembrava tutto così incredibile ma in fondo così lineare e ovvio considerando il resto del sistema che si diramava tentacolare sotto i nostri piedi. 

Ora non mi preoccupa quale sarà il futuro dell'Abisso Bluet, il suo passato è già scritto e a noi basta sognare abbastanza per ripercorrerlo fino a riperderci nuovamente nel labirinto a disegnare nuovi percorsi. E poi ci si è aperta la porta del Walalla quando quell'incredibile arcobaleno si è stagliato dalla Gusela al Pizzocco, dopo ore di canti assurdi ad aspettare sotto i faggi grondanti pioggia il ritorno del sereno...



Verso Cimia.

Mauro e il Chulasco.

Mauro e l'abitante del Chulasco

Cimia.


Abisso Bluet.

Bluet un po' fradici e con facce poco intelligenti... vedi Jonny. 

3 commenti:

  1. bel colpo raga' !!!! sicuramente merito della mascotte Mauro e delle sue ormai mitiche e portentose mutande.... :))

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  2. Leggo il tuo articolo con "Little Wing" del Maestro Hendrix in sottofondo....FANTASTICO!!Cosa volere di più a poco più di metà agosto?! Solo un freatico e un pozzo così anche alla vecchia Preta! Hasta pronto, barbudo!Andreagsm

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