Gli anni passano un po' per tutti... come per noi, così anche per le grotte. Era l'inverno del 2004 quando con il mio amico di Chattanuga David Cole risalivamo i pozzi di questo profondo abisso dopo avere tentato alcune infruttuose esplorazioni a - 900. Ricordo che David era venuto dagli Stati Uniti giusto per un finesettimana, per farsi questa grotta, la più profonda del Veneto, e poi risalire sull'aereo e tornarsene a casa... Proprio un bel viaggetto!«Caro dove vai questo finesettimana?» »Mah, pensavo di andare a fare una grottina fonda quasi 1000 metri in Italia, in fondo sono solo diecimila chilometri, se non ci fosse l'oceano ci andrei in macchina...» Belle cose da pazzi
furiosi..Tornando indietro con la motoslitta attraverso la freddissima Piana di Marcesina, probabilmente entrambi ci stavamo chiedendo "chi cazzo ce l'ha fatta fare questa faticaccia mostruosa?". Anche quella volta stanchi, sfiniti, irrigiditi dal freddo polare... eppure tutto sommato contenti. Anche quando spiegavo a David che quel posto era uno dei più freddi d'Italia (la notte il termometro aveva toccato i -23°) e lui con il naso colante stalattiti di ghiaccio mi rispondeva «Yeah, I belive it!!» poteva sembrare l'inizio di un film horror e invece eravamo felici, seppur stanchi e ridotti a dei catorci viventi.
Dopo quella volta è passato tanto tempo prima di tornarci. Per me almeno. Perché altri, Marco e la Fanny in particolare, hanno continuato a insistere che questa grotta poteva dare ancora molto, che era la punta di un iceberg, un iceberg immenso che si chiama Sistema della Bigonda, 30 km di gallerie freatiche al di sotto dell'altopiano di Asiago, più tutto quello che non si
conosce, certamente ancora più grande e mostruoso.
Hanno insistito per quattro anni, con poco
seguito, ma alla fine hanno dimostrato che avevano ragione. In particolare un loro socio, Simone il gigante buono, ci ha dato dentro fino a superare quella strettoia a-680 nel nuovo ramo Voglio Papà, dove anch'io avevo ficcato il naso con poca convinzione nel magico natale del 2003.
È così che, nonostante la poca voglia di spaccarsi le ginocchia, non ho saputo dire di no all'invito dei ragazzi di Schio, quando Marco mi ha detto che questo finesettimana si andava, che c'era da scendere un pozzo nuovo, oltre, ormai al di là delle strettoie. Così mi sono trovato ancora là sotto, con nuovi compagni, Carlo, Igor e l'argentino Fernand, a scendere i pozzi di questa grotta, tutto sommato bella, facile, almeno fino a un certo punto. Infatti la strettoia finale ci ha fatto tribolare come dei cani. Scherzando si diceva che nessuno potrebbe capire che cazzo significa passare un budello del genere spingendo il sacco con la testa per svariati metri. Ma soprattutto nessuno potrebbe capire perché lo facciamo. Mi immaginavo la scena in cui tentavo di spiegare a una mia fantomatica morosa cercando le parole giuste: «Non cercare di capire... Non puoi capire... Forse è meglio che non capisci (altrimenti mi daresti dell'idiota rincoglionito completamente demente)». Ancora non so perché ci caschiamo ogni volta. Sarà il richiamo dell'ignoto. La voglia di sfondare col pensiero quella roccia e vedere cosa c'è oltre, oltre, oltre e ancora oltre... Passata la strettoia c'era gente prima entusiasta che ora diceva che era l'ultima volta, che" basta" non ci sarebbe più tornato, ben sapendo che era tutto falso...
Oltre la grotta continua. Scendiamo due pozzi, molto belli (qualche contentino ogni tanto ce lo concedono queste grotte di mexx.a), fino a -750 dove la via principale si infogna ancora una volta in passaggi sogliola, che, nonostante le considerazioni di prima, tento comunque di percorrere riducendo la mia tuta a un brandello unico con dei pezzi che tengono su il resto. ma ormai sono preso dal furore esplorativo. Imbocchiamo un meandro fossile, bello, grande, fino ad una nuova strettoia caratterizzata da una serie di spuntoni affilati come spine che non contribuiscono all'integrità dei miei indumenti. Ma passo lo stesso, e vado oltre mentre i miei compagni resteranno di là ad aspettarmi. La grotta pian piano si allarga fino ad incrociare un meandro attivo, bello, comodo, che scende...
Cammino da solo, con calma, e oltre ogni curva illumino nuovi ambienti. Dove staremo andando? Mi fermo. Sono da solo, chissà dove, se mi dovessi fare male gli altri non potrebbero raggiungermi. Penso a quanto sono distante dal mondo che conosciamo. E quanto sono vicino a nuovi mondi sconosciuti che, sono certo, neppure riusciamo a immaginare. Ma per oggi è arrivato il momento di dire basta... e tornare da dove siamo venuti.