domenica 24 gennaio 2010

La traversata dei cristalli: Rio Stella-Rio Basino

Appena tornato da questa bella traversata nei gessi romagnoli, ne approfitto per pubblicare 4 foto.
Finalmente, insieme a Jean ritornato dall'Australia, abbiamo seriamente cominciato il progetto che avevamo in mente da tempo. Se questo è solo l'inizio mi pare di capire che la faccenda sarà decisamente divertente... ne scriverò a breve.
Ne approfitto per ringraziare Luca, Cristina e il mitico Benassi (a cui auguro buona spedizione in Laos) per la compagnia in grotta e Giovanni Gadget e Sabrina per la splendida ospitalità di sabato sera.


La bella forra finale prima di uscire dalla risorgenza di Rio Basino.


Megacristalloni nella zona della giunzione.


Ancora Rio Basino.

lunedì 7 dicembre 2009

Nessun luogo è lontano

"Nessun cuore ha mai provato sofferenza quando ha inseguito i propri sogni." Paulo Cohelo

Forse è il momento di fare un po' di bilancio di questi ultimi due anni di vita. Non so perché scelgo proprio questo momento, e questo luogo, dove tante persone possono leggere, ma forse non tutte possono capire.
Il Chiapas ormai è alle spalle, un'altra avventura, diversa, intensa come poche altre, con incontri e amicizie che hanno arricchito nel profondo questo nuovo e ultimo viaggio del 2009.
Penso a quante miriadi di cose sono successe in questi ultimi 11 mesi. Per ben 4 volte ho volato oltre l'oceano per cercare quella sostanza "stupefacente" dal sapore così inconfondibile che è l'avventura. Il rincorrere un sogno scaturito da un racconto, da una foto, da un libro. Il vivere l'esplorazione abbandonandosi ad essa.
Proprio alcuni mesi fa mi ero ritrovato a scrivere di libertà di scelte, di poter vivere la propria vita facendola dirigere dai propri sogni. Uno scritto che ora rileggo e mi ci ritrovo totalmente. Non l'ho voluto pubblicare allora e neppure lo sarà ora, perché ogni cosa ha il suo tempo per essere compresa.
Io sono una persona davvero fortunata. Anche determinata, certo. Ho sempre creduto che le cose basta volerle fortemente per trovarsele nelle proprie mani, inaspettatamente. E quest'ultimo periodo è stata l'ennesima riprova di questo. A volte mi chiedo però se sarà sempre così... Non lo so. Certo qualcuno potrebbe dire che io in fondo ho una vita che permette tutto questo. È vero, ma è anche una scelta. Una scelta di libertà, che sembra la più facile del mondo, ma in verità non lo è.
Certo è giusto quello che dice Cohelo, scegliendo di seguire i propri sogni si sente di essere sulla giusta strada, e il soffrire non esiste. Bisogna però rinunciare a tutto il resto, spesso alle persone che vorresti vicino, e relegarle in un punto della propria esistenza portandole dentro di sé.
La vita è piena di sorprese, e ricordando il passato, mi viene da pensare che mai avrei detto che nel giro di una anno mi sarei trovato a volare sopra i Tepui, per poi dormire nella Cueva del Rio La Venta, tuffarmi in un sifone in apnea verso il grande collettore de supramonte, per poi salire sulle cime desertiche delle Guadalupe Mountains del New Mexico, e quindi ritrovarmi a un passo dalla giunzione tra il nostro PE10 e Grotta Isabella, e poi di nuovo in Messico circondato dal dono di persone eccezionali. Ho un po' di paura, lo confesso. Perché ripensando a tutto questa miriade di esperienze mi rendo conto che davvero non so che cosa ci riserva il futuro. Certo è che non riesco a smettere di sognare luoghi lontani, già a una passo nella mia mente, viaggiando alla ricerca di immagini e documentazione per organizzare la prossima partenza.
Forse il fatto è che non ci sono partenze e ritorni. Sono in viaggio ormai da due anni, e quando sono a casa, come ora, in questo nebbioso paesaggio veneto, in verità la mia mente è ancora oltre e sta semplicemente riorganizzando lo zaino. Non c'è bisogno di partire, perché in verità non sono mai tornato.

"Tra vent'anni rimpiangerai le cose che non sei riuscito a realizzare molto più di quelle che hai fatto. Per questo dimenticati dei limiti. Naviga lontano dal porto sicuro. Cattura il vento nelle tue vele. Esplora. Sogna. Scopri." Mark Twain




Chiapas, novembre 2009 (foto Carla Corongiu)


Piani Eterni, agosto 2009.


New Mexico, luglio 2009


Chiapas, aprile 2009


Venezuela, Akopan Tepui, febbraio 2009


Chiapas, Ombligo del Mundo, aprile 2008. (foto Carlos Sanchez)

sabato 21 novembre 2009

Fuori dalla selva

Siamo rientrati oggi a Cintalapa dopo 5 giorni nella foresta. Come già scritto da Corrado, purtroppo alcuni problemi burtocratici di autrizzazioni con l'INAH (Istituto Nazionale di Archeologia e Storia del Messico) non ci hanno permesso di lavorare con serenità e abbiamo così deciso di anticipare di qualche giorno la seconda fase della spedizione. Lassù abbiamo lasciato molte cose da fare, i pochi giorni ci sono bastati a malapena per capire dove concentrare gli sforzi in un territorio veramente vasto. Abbiamo percorso chilometri di selva, inseguendo segnalazioni di grotte e inghiottitoi, spaziando dal Rio Nero al Rio la Venta. Abbiamo effettuato due campi principali, un nella zona del Clarin e un altro nel meraviglioso rancho Vaje Acosta, da cui ci siamo spostati sia in giornata, sia passando una notte con le amache nella selva. Alcuni avvicinamenti hanno richiesto più di 5 ore di cammino, aprendo picade a colpi di machete, guidati dai proprietari di terreni e dai giovani rancheros di Cardenas. Le grotte esplorate non sono state in verità molte, alcune cavità sul centinaio di metri nella zona clarin, grotte fossili e brevi inghiottitoi nella zona di Acosta. Un gruppo si è perfino spinto alla junta, attraversando un impressionante paleoalveo del Rio la Venta.

In un paio di giorni abbiamo cominciato a capire che le ricerche andavano concentrate più verso il canyon, seguendo le principali valli controllate da lineamenti strutturali. Finalmente l'altro ieri abbiamo trovato un vero e proprio corso d'acqua, interrotto da trafori fino ad arrivare a un inghiottitoio, purtroppo impraticabile, in cui le acque spariscono per riemergere nel Rio La Venta, tre chilometri oltre e 450 metri più in basso. Nella valle, al di sopra dell'inghiottiotoio occhieggiano vie fossili che non abbiamo avuto il tempo di esplorare. Poi la decisione di abbandonare, di rientrare per non avere problemi con l'INAH. Così abbiamo spremuto fino all'ultimo le nostre energie esplorando oggi un'altra valle dove abbiamo individuato un torrente ancora più grosso, fino ad un altro imponente sumidero completamente ostruito da tronchi e massi. Al di sopra era evidente un alveo di troppo pieno che si spingeva fin sotto a una parete un centinaio di metri oltre. Ma eravamo senza autorizzazione del propietario del terreno e abbiamo preferito non rovinare gli ottimi rapporti con i locali. Se si riuscisse a entrare là sotto non ci sono dubbi che si entrerebbe in un altra Cueva del Rio La Venta.

Ma siamo pazienti... Questa volta abbiamo avuto davvero sfortuna. Fosse stato per le nostre guide potevamo stare lì comodamente ad esplorare con loro l'altopiano ancora per mesi. Ma purtroppo alcune delicate questioni politiche (ed economiche) che non sto qui a spiegare, hanno creato le condizioni per fermarci prima del tempo e, forse, proprio quando il bello doveva venire. Fortunatamente le grotte però non spariscono nel nulla, e ora sappiamo dove trovarle, grazie anche a questi lunghi giorni di ricerca spesso infruttuosa.

La spedizione comunque non è finita. Stiamo raccogliendo nuovamente le forze per spostarci in un'altra zona carsica dove alcuni amici speleo messicani ci hanno invitato a tentare l'esplorazione di un sifone in un grosso inghiottitoio che alimenta le sorgenti del famoso Canyon del Sumidero. Si tratta della Cueva Puercospin, un - 300 ancora da capire e in buona parte da esplorare. Saremo là da lunedì e vi manderemo altre notizie.

Per quanto riguarda la salute dei partecipanti, direi che ormai ci siamo ripresi tutti abbastanza bene, anche se il consumo di tachipirine e cortisone è stato decisamente anomalo. In foresta abbiamo avuto spiacevolissimi incontri con formicai tremendi, api, larve urticanti, tarantole, zecche e qualche innocua nauyaca che se l'è passata ancora peggio di noi. Ma questo fa parte della selva, fa parte dell'avventura, e quindi in fondo non ci è pesato poi così tanto. Anzi, ora che siamo in albergo, ci sembra così strano pensare a quell'intrico verde, e forse solo ora, rilassandoci da quella concentrazione quei luoghi ti costringono ad ogni passo, riusciamo ad assaporare il fascino di questa terra e di questo viaggio di esplorazione.


La nauyaca del sentiero che porta a Tres Marias (foto N. Russo)

giovedì 12 novembre 2009

Dentro le foreste del Chiapas

Era appena l’inizio di maggio, pochi mesi fa, quando, distesi sul cassone di un pick-up, lasciavamo le foreste che circondano la Lopez Mateos, illuminate da un tramonto messicano dagli orizzonti sconfinati. Pensavo a quanto buio si doveva estendere là sotto, alla bellezza della Cueva del Rio La Venta, ai sogni di nuove esplorazioni che in futuro ci avrebbero potuto portare nuovamente a precorrere impetuosi fiumi sotterranei e giganteschi saloni concrezionati. Mai avrei pensato che sarebbe passato così poco tempo per ritrovaci lì nuovamente a coltivare questo sogno.

Tra pochi giorni saremo al ranchito, e da lì inizieremo una nuova avventura nelle foreste del Chiapas.

Era da mesi che procedevo con la faticosa organizzazione dell’ultima, tanto agognata spedizione a Juquila, nello stato di Oaxaca. Avevamo programmato quest’ultimo viaggio, in quelle montagne così affascinanti, per concludere un progetto che ancora aveva delle incognite, dal sapore di canyon inesplorati e di grotte antiche ricche di dipinti di antiche civiltà mixteche. Forti di un accordo triennale con i campesinos di Tepelmeme, avevamo deciso di partire ad ogni costo, creando vari gruppi e articolando una logistica complessa che richiedeva l’appoggio totale delle nostre guide locali.

Putroppo in Messico nulla è scontato e delle forti opposizioni all’interno dell’assemblea del pueblo di Tepelmeme mettevano in forte dubbio l’accordo stipulato in passato. Siamo pur sempre stranieri che hanno una strana passione, quella di esplorare, senza pretese di scoprire cose che abbiano un valore economico. La nostra esplorazione significa semplicemente conoscere, e la passione che ci spinge ad affrontarla viene alimentata dall’avventura che sappiamo ci aspetterà ad ogni passo, ad ogni svolta che ci potrebbe portare verso l’ignoto. Ma quanto è difficile spiegare questo a delle persone che vivono in un  deserto pensando solo a riuscire a sopravvivere di ciò che gli offre quella terra? È comprensibile che, dal loro punto di vista, tutto questo nostro volere, tutto questo sforzo per esplorare sia insensato se non ci fosse un reale interesse economico in tutto ciò. E così affiorano i sospetti, si può pensare che questi europei avventurieri siano degli ingannatori, che in verità cerchino reperti archologici, petrolio o diamanti, chissà quale ricchezza nascosta nel cuore della loro terra.

Da settembre ad oggi a Tepelmeme ci sono state riunioni fiume, a cui hanno partecipato Alicia Devila, la nostra socia messicana, insieme con Arghelia e Israel, amici speleologi che hanno creduto in questo progetto. Abbiamo cercato di offrire qualcosa di tangibile alla comunità, libri in spagnolo, manifesti, appoggio per le loro iniziative di turisticizzazione, ma il sospetto, alimentato anche dalle leggende riguardanti un incidente avvenuto in grotta a degli speleologi inglesi che erano alla ricerca del plutonio (!), ha prevalso e alla fine ci è stato chiaro che i tempi non sono maturi. Forse un giorno torneremo in quelle montagne ma questo avverrà solo quando la gente avrà capito che non vogliamo rubargli niente,  ma che vogliamo solo conoscere il loro territorio e permettere anche a loro di sapere quali meraviglie della natura hanno nelle loro mani.

 Se c’è una cosa che non manca in Messico, sono le grotte da esplorare, e certamente a noi di La Venta non mancano progetti e sogni esplorativi (anche troppi). Così quel sogno messo nel cassetto a maggio è stato ritirato fuori e la spedizione a Juquila in pochi giorni si è trasformata in un ritorno in Chiapas. L’obiettivo è spingersi oltre la colonia di Cardenas, oltre le grotte del Clarin e della Neblina, per raggiungere degli imbocchi che i racconti dei locali dicono giganteschi. In effetti nessuna spedizione si è mai spinta così addentro a quel triangolo di foresta che si trova tra la confluenza del Rio Negro e il Rio La Venta. Sicuramente in quell’area esistono altri collettori, con morfologie del tutto simili a quelle della meravigliosa Cueva del Rio La Venta. Sarà quindi un’esplorazione ricca di incognite ma che presenta anche grandi prospettive.

Un’altra novità in questa spedizione sarà il tentativo di superamento di alcuni sifoni in grotte già note (Los Bordos, Clarin, Neblina) da parte del nostro speleosub Pierpaolo. Inoltre, se il tempo ce lo permetterà l’idea è pure quella di fare un campo nella zona di Los Bordos per riprendere le esplorazioni anche in questo settore del canyon, di cui di fatto si conosce ancora ben poco. Insomma di carne al fuoco ce n’è davvero molta. Tanto dipenderà dalle guide locali e anche dalla fortuna, ma sono certo non torneremo delusi, perché laggiù le grotte ci sono certamente.

Siamo un bel gruppo di ben  17 persone, provenienti da varie parti d’Italia (Trieste, Padova, Verona, Vicenza, Cagliari, Roma, Napoli…). Come La Venta stiamo cercando in questi anni di coinvolgere nei nostri progetti speleo, fotografi e ricercatori validi che abbiano voglia di darsi da fare e vivere queste avventure insieme con noi, condividendo questa passione e il nostro modo di svolgerla.

Anche questo nostro nuovo viaggio è supportato da Ferrino, oltre che da Intermatica che ci ha fornito degli apparecchi satellitari che renderanno più sicure le operazioni in foresta, permettendoci di abbandonare la vecchia e complessa tecnica  del posizionamento di ponti radio.

Cercheremo di tenervi informati degli sviluppi, comunicando con l’Italia almeno ogni due-tre giorni. Potete seguirci dal blog di laventa, blog.laventa.it.

Sono le 2 di notte, tra poche ore saliremo su un aereo, e poi sarà solo la foresta e le sue grotte misteriose ad occupare i nostri pensieri.

 

Ciao a tutti

 

Francesco

 

 



Nella Cueva del Rio La Venta. Foto di Filippo Serafini

Chiapas. foto di Filippo Serafini.

martedì 20 ottobre 2009

Correre, correre…

Sì è vero… mea culpa! Ho trascurato un po’ il blog nelle ultime settimane. Ma la quantità di cose che stanno trascinando i miei pensieri in giro per l’Italia e per il mondo veramente non mi hanno permesso di fermarmi e fare un po’ di “riassunto”.
È un periodo difficile, con La Venta si stanno programmando grandi cose, lotte contro il tempo per avere certezze, autorizzazioni, su progetti difficilissimi a cui non possiamo rinunciare. E lavoro ore e ore, altre le passo a sognare le foreste amazzoniche, a vedermi in cima a qualche montagna sperduta, su pareti gigantesche o in grotte immense.
Padova, Firenze, Roma, Padova, Bosco, Feltre, Bolzano, Padova, Genova, Savona… in viaggio continuo, mai fermo, perché se si vuole realizzare i sogni bisogna lavorare duro e sfondare tutte le porte con la propria testa e le proprie idee. Tanti problemi, anche il prossimo viaggio a Juquila (Messico) in novembre è in forse. I campesinos locali ci hanno negato l’autorizzazione ed è così difficile spiegargli che i primi che ci perdono sono loro stessi. Partiremo certamente, ma forse dovremo cambiare meta dirigendoci verso le fitte foreste del Chiapas. Ma non sarà facile. Siamo in 17, un piccolo esercito di speleo affamati di avventura. Fortunatamente in Messico, Juquila o Rio La Venta che sia, certamente quest’ultima non manca.

Nonostante tutto, anche se i pensieri sono occupati da mille altre cose, in attesa di partire non posso fare a meno delle piccole esplorazioni alle porte di casa a cui non rinuncerei per nulla al mondo. Sono queste avventure, vissute con i grandi amici di sempre, che mi forniscono poi l’entusiasmo e la voglia di sognare.
Così domenica scorsa ci siamo trovati quasi per caso alla Grotta-Galleria Taioli, luogo mitico dove ormai 11 anni fa io e mio cugino GB avevamo iniziato le nostre esplorazioni in meandri fangosi e grandi saloni. Non so perché, ma una sera mi è venuto in mente che nelle nostre esplorazioni avevamo lasciato quel camino gigantesco da rivedere, 90 metri di parete saliti solo nel 1986 dal CAI verona, e poi mai più percorsi. Voglia di arrampicare ne ho molta in questo periodo e allora perché non farlo in grotta. Per non so quale fortuita combinazione la sera prima, ormai a mezzanotte mi incontro col Gb che decide di venire anche lui, proprio come ai vecchi tempi. I Giuli completano la squadra. Ne viene fuori una bella giornata di acrobazie, tra traversi, e un Gb lanciato a superare diedri franosi minimizzando su protezioni e fix. Saliamo di ben 45 metri, fin sopra al gigantesco tetto che caratterizza il salone principale della grotta. Poca cosa, ma decisamente spettacolare. Uno di quei posti che ti riempiono di adrenalina, per la verticalità, le dimensioni, il rischio… Bello, davvero bello.
Questa domenica invece è la volta del Perloch, altra grotta lessinica, a cui abbiamo dedicato parecchio tempo in questi ultimi due anni. Con Andrea, Luca, Matteo e Enrico , ci lanciamo verso l’alto alla ricerca di passaggi che possano portare anche qui a un ingresso alto. La Val Fraselle rimane sempre un gran bel posto e questa grotta è per me una delle più belle dei monti veronesi dopo la Preta, ovviamente. Purtroppo in cima la camino principale una breve strettoia, oltre 100 metri al di sopra della quota d’ingresso, ci porta in una sala senza possibilità di prosecuzione. Ma molte sono ancora le cose da vedere con attenzione in questa grotta. In compenso ci siamo divertiti a lanciare giù macigni per rendere sicuro il passaggio, e a chiacchierare insieme di tante cose. La giornata finisce, come nelle migliori tradizioni, alla pizzeria di Sandro, dove con Adelino si riprende a discutere di esplorazioni amazzoniche, montagne inesplorate, indigeni discendenti da popolazioni sperdute nel tempo. Si parla di grotte, di esplorazioni future. Viene fuori anche la storia di Akakor, dell’indigeno Tatunca nara, di enormi mondi sotterranei sperduti tra Brasile e Venezuela. Chissà… quanti sogni possono nascere da una serata tra amici…
E si continua a sognare, anche nella notte guidando lungo l’autostrada verso casa, e poi nel proprio letto, tanto da non riuscire a dormire.
E si continua a correre, verso queste cose inafferrabili che, forse, un giorno vedremo coi nostri occhi. Ma che solo il fatto di averle sognate ci riempie di vita.


Il probabile ingresso alto della Grotta dei Taioli.

Il grande camino del Perloch (foto S. Crivellari)
Alla Preta, settembre 2009. (foto A. Bellamoli)

martedì 29 settembre 2009

Campanile di Val Fontana d'Oro

Settembre è il mese di disintossicazione dalle grotte e, come tutti gli anni, va rispettata la tradizione della via in montagna baciati dal sole. Quest'anno mi mancava il compagno fidato, Alberto, sperduto in Norvegia, che l'anno scorso aveva avuto la splendida idea di portarmi a fare una via di 6° con passaggi di 7°- sulle Odle (ero arrivato in cima realmente provato). Così ho dovuto arrangiarmi, accompagnato dalla bionda Giulia, mi sono fatto da primo tutti i "facili" tiri di questo bel campanile del Pasubio.
Niente a che vedere con la Malsiner-Moroder dell'anno scorso, ma pur sempre una bella soddisfazione per aver fatto tutto da solo, il che è buona cosa per uno speleologo, poco alpinista, come me. Come saranno le prossime? Vedremo.. peccato che ormai mi sa che sarà per il settembre del 2010...



lunedì 24 agosto 2009

Certi sogni...


Certi sogni sono difficili da realizzare. Può essere necessario uno sforzo immenso, tante fatiche, delusioni, scontri con una realtà che non vuole diventare ciò che vorresti. E poi, nel momento in cui ti arrendi, proprio quando decidi che è finita, il sogno si realizza lasciandoti incredulo, estasiato dall’imprevedibilità di questa vita…
È proprio questo che è successo in tutta questa storia della congiunzione tra Isabella e il PE10.
Non è passato tanto tempo in fondo da quando per la prima volta avevo sentito parlare di lei, Isabella. Ricordo che ero sulle creste di Cimia, insieme con una persona speciale, e guardavo giù le pareti scoscese che precipitano nella Valle del Mis e mi chiedevo che cosa sarebbe stato se un giorno avessimo trovato l’uscita, l’ingresso basso che allora tanto stavamo cercando in quell’altra signora veneta che è la Spluga della Preta. Qui, sui Piani Eterni, un’ipotesi del genere, sembrava assurda, lontana dalla realtà quanto dai sogni. Ma accadono cose che possono sconvolgere le nostre convinzioni per sempre: erano i primi giorni di gennaio del 2007 e, dal PE10, mi trovavo a vagare insieme ad altri amici per lunghe gallerie orizzontali come non se ne sono mai viste in queste montagne, il piano paleofreatico di –550. Fu un’esplorazione sconvolgente. Qualcosa non tornava nel nostro concetto della grotta… una vocina ci sussurrava che non avevamo ancora visto niente, che tutto ciò che era stato esplorato non era altro che un insignificante pezzetto di quel ragno gigantesco che si estendeva al di sotto dei nostri piedi. E quel ragno dirigeva le sue zampe verso un luogo di bellezza superba, seppur ancora snobbato e insignificante ai nostri occhi: Isabella.

Agosto 2007. Da Pian di Cimia, saliamo attraverso un boschetto di faggi fino a un piccolo passo, il “crucol” come poi lo chiamerà il Cicca. Da quel punto la vista è magnifica, la torre della Gusela troneggia sopra la Val del Burt circondata da pareti che danno una profonda sensazione di luogo selvaggio, come se fossimo in qualche luogo sperduto del mondo. Il viaggio per arrivare fin qui è lungo, 5 ore di cammino con gli zaini pesanti, ma gli amici di Feltre dicono che hanno superato la frana terminale di quella grotta e quindi non possiamo più fare finta che qui sotto non stia succedendo niente.
La galleria iniziale di Isabella è qualcosa di difficilmente descrivibile. Non so… ma credo che gli ingressi ai grandi mondi sotterranei, soprattutto gli ingressi bassi, si assomiglino un po’ tutti, non tanto per morfologia, quanto per magia… Si sente qualcosa… Si sente che quella è la porta a un mondo enorme, percorso solo dal vento, che finalmente lì se ne esce dal su lunghissimo viaggio sotterraneo. Un fruscio potente, alla prima strettoia, un rumore che non lascia dubbi: questo è il respiro del mostro.
Già in quell’occasione la grotta ci aveva lasciato correre per chilometri di gallerie, in esplorazioni indimenticabili che non basterebbe ormai una notte intera per raccontarle. Era chiaro, Isabella e PE10 erano solo due accesi allo stesso labirinto sotterrano. Avremmo trovato la chiave, il passaggio che ci avrebbe permesso di attraversarlo quel mondo, da parte a parte? Ne ero convinto, allora lo davo per scontato. Era solo questione di tempo… due anni dicevo, forse anche meno.
Ora devo confessare che ci sono stati momenti in cui ho dubitato, fino a non crederci proprio più. Davvero...

Sabato 22 agosto 2009. Da quella prima volta in Isabella ne è passato di tempo, soprattutto in termini di ore in grotta, di punte in PE10, di notti alla Locanda del Bucaniere, di giorni passati a sognare e a discutere, di sogni e incubi notturni… E ne sono passate tante anche di persone, amici venuti a godere con noi di queste esplorazioni, speleo che hanno dato tanto per realizzare questo sogno.
Ora siamo in quattro, Io, Marco, Omar, e Mauro. Ma potremmo essere anche Ciccio, Cristiano, Paolo, Luca, Andrea, e tanti altri nomi, e il destino non cambierebbe. Vogliamo questa giunzione a tutti i costi, siamo determinati e convinti che questa sarà la volta definitiva.
Dopo le esplorazioni degli anni scorsi, Isabella è diventata una grotta fonda ben 300 metri. La via che porta al punto più profondo è uno scomodo meandro attivo, un “ringiovanimento”, uno stupido scolo, scavato dall’acqua, che buca i livelli di gallerie freatiche e porta sempre più giù nella montagna. L’idea è quella che prima o poi quell’insignificante torrentello deve aver incrociato le grandi e labirintiche gallerie sottostanti del PE10. La strategia è la stessa che venne usata nella storica giunzione del Kayam tra Fighierà e Corchia: fregarsene dello stretto, abbandonare le vie fossili, troppo franose e indecifrabili, e scendere, scendere, scendere, fino a giuntare.
Avevamo percorso quella via la prima volta con Fabio e Michele, poi con Jean Pierre e Andrea, poi con Marco B ed altri, infine io da solo con Armando giusto un anno fa. Era stata quella una punta dura, in due, continuando a guardare l’altimetro, convinti anche allora che ce l’avremmo fatta. Ormai c’eravamo, le gallerie dovevano essere lì. Ma non ce n’era traccia ed eravamo tornati indietro stanchi morti dopo aver continuato a seguire il meandro inseguendo l’aria verso il basso… forse troppo in basso…
Poi i fatti di poche settimane fa: dal PE10 si esplorano improvvisamente altri chilometri di gallerie, oltre l’Isola che non c’è. Guardando il rilievo, proprio in zona Isabella, si estende ora un reticolo impressionante. Non è possibile che le due grotte non si tocchino. In tanti pensiamo “È fatta”, ed è solo questione di giorni ormai.
Questione di ore, mentre scendiamo lungo i pozzi della Via dei Turpi, inseguendo il vento, e giungiamo alla zona esplorata con Armando l’anno scorso. Lungo il percorso è rimasto da esplorare un grande pozzo caratterizzato da un bell’eco, proprio come alcuni camini che una settimana fa avevamo visto con Leo nel PE10.
Armo e scendo in un bellissimo fusoide profondo una trentina di metri, denominato poi Pozzo dello Scheletro (su un terrazzino c’è uno scheletrino di martora, e che ci farà là a –300?). Già prima di toccare il fondo vedo l’imbocco di una bella forra e penso che ormai ci siamo. Arriva anche Marco e imbocchiamo il condotto. L’acqua si getta in un altro ringiovanimento, impraticabile, mentre avanzando nella forra ad un certo punto vedo delle impronte. Dopo il primo momento di eccitazione, ragiono. Mi guardo intorno, questo posto lo riconosco, è la forra che abbiamo raggiunto io e Armando l’anno scorso scendendo due pozzetti fossili. Calma… siamo ancora in Isabella. Anzi delusione, il nuovo pozzo porta nello stesso posto visto l’anno scorso. Penso… Non mi sembra di ricordare altri bivi o finestre, le possibilità esplorative ormai sono pochissime. Avanziamo allora nella forra, seguendo l’aria, fino a un passaggio allagato, limite estremo della scorsa esplorazione… Non so che fare, sono indeciso. So che se mi butto dentro quell’acqua sarà la mia ultima possibilità e poi dovrò uscire per non congelarmi. Ma se il PE10 fosse proprio al di là? Penso alla strada dietro di me e non ricordo altre vie possibili… l’aria va di qui. Devo andare.
Mi butto nell’acqua fredda, e avanzo per cinque, dieci, venti metri, nell’acqua. Porca troia, la volta non si vuole alzare. Sento il freddo entrare dappertutto, ma non ho paura, sono determinato ad andare avanti. Finalmente sbuco in una gallerietta un po’ più grande, non saluto neppure gli altri dall’altra parte e comincio a correre avanti. Dopo cento metri, ancora nessuna traccia di giunzione. Maledetta, neanche questo ti basta… C’è una strettoia fetente. Provo a passarla… non riesco, dovrei togliere l’imbrago. Sono solo, non mi sembra il caso di rischiare di rimanere incastrato… Poi affacciandomi sento il vento soffiare… No, non posso fermarmi. Tolgo l’imbrago e spingo fino a passare. Ancora condotte, l’acqua sparisce in una fessura impraticabile. Avanzo lungo cunicoli fangosi, rotolando e scivolando nella palta che ormai mi ricopre totalmente. Che posto di merda… Bastarda!Bastarda! Sento sfumare il sogno. Sento che questo è troppo, che non ha senso. Che quello che rincorriamo è una stupida impresa senza senso che non vale tutto questo soffrire. Penso a quanto tempo ho dedicato a questo sogno, penso alle fatiche passate, agli sforzi, alle notti insonni. Penso a quante volte ho visto sfumarmi la giunzione tra le mani. Che altro vuoi bastarda? Che mi ammazzi per un desiderio? Non ti basta tutto questo? Ho un attimo di sconforto vero. Mi rendo conto che non ci sarà nessuna giunzione. È finita. Io non gioco più.
Rifaccio tutto il percorso a ritroso buttandomi in acqua fino a raggiungere gli altri. Gli dico che peggio di così non poteva andare. Sono abbattuti anche loro. Difficile credere che ci sia ancora qualche speranza…
Io sono fradicio, devo uscire, e Mauro mi accompagnerà. Mi sento ancora più triste quando Marco mi parla di disarmo… È proprio finita…
Guardo lui e Omar e dico: «Ok, però invece di risalire il Pozzo dello Scheletro, tornate per la via che abbiamo fatto io e Armando e guardate bene qualsiasi cunicoletto, buco, strettoia di merda che trovate. Ricordo che nella sala alla base della corda c’era qualcosa. Non ci credo più, ma potrebbe essere l’ultima possibilità».

Ore 02 di domenica 23 agosto. Sto sognando belle signorine, quando la voce di mauretto, mi sveglia. «Sono le due e gli altri non sono ancora usciti… sono un po’ preoccupato… Boia can!»
Di fronte il portale di Isabella e un cielo stellato. Un po’ infastidito per il sogno interrotto rispondo: « Strano, comunque non mi preoccuperei ancora, in fondo noi abbiamo corso e sono passate solo tre ore da quando siamo usciti…»
«E se avessero fatto la giunzione? Boia can!?»
«Non dire cazzate… è rimasta una probabilità su un milione, col culo che abbiamo avuto fino a adesso…» Mi stupisco del fatto che dicendolo rinasce una flebile speranza anche in me.
«Senti io entro in grotta e gli vado in contro, », mi dice Mauro.
«Ma… aspettiamo ancora una mezz’oretta, tanto è inutile preoccuparsi» Non faccio in tempo a dirlo che lo vedo sparire.
Sono di nuovo solo e ripenso a tutta questa storia. A quanto sarebbe bello che ci fosse il colpo di scena finale. Penso che è impossibile. In quell’istante sento delle voci da dentro la grotta. Parlano forte, come se fossero eccitati.
In un attimo Marco è di fronte a me…
«È fatta, abbiamo fatto la giunzione!»
«Dai non prendermi per il culo, non ci credo!»
«Cesco, non ci credo neanche io! Ma è fatta, siamo entrati in PE10, proprio dal cunicoletto alla base della corda. Circa venti metri strisciando e abbiamo cominciato a trovare impronte…»
Mi sembra assurdo. Quell’ultima possibilità… vedo la faccia di Omar, è tutto vero…
Ancora increduli cominciamo a urlare, a darci pacche sulle spalle.
Sento Isabella che ride… sempre più forte… e noi con lei. Mentre l’eco della nostra gioia si ripercuote per le pareti della Val Falcina.

A volte sembra proprio che i sogni siano irrealizzabili, a volte non si riesce più a crederci, ma quando meno te lo aspetti si materializzano davanti ai tuoi occhi. E allora sei talmente incredulo che non sai che fare, non sai che dire, solo ti ritrovi con qualche lacrima che ti segna il viso e una bella fiaba da raccontare.

Francesco


Mauro, Omar e Marco dopo la giunzione


L'ingresso di Grotta Isabella.


A passo Cimia